Giggino s'è preso l'annuncite
Eccolo qui. Ci risiamo. Anche Luigi de Magistris non ha resistito. Si è lasciato andare al vecchio vizio tutto italico di sparare roboanti promesse. Invece di fare prima e dopo annunciare di aver fatto. A Napoli i cumuli di monnezza sono tornati a fare paura. Nella notte sono scoppiate piccole ma significatiche rivolte. A Pianura, quartiere periferico, circa duecento persone hanno sparso rifiuti in strada e ribaltato cassonetti della spazzatura bloccando la circolazione. Protesta simile a Montecalvario, nel centro storico. Il neo primo cittadino, uno che ama le dichiarazioni fragorose, si scappare ieri mattina: «Stanotte la raccolta è ripresa e andrà avanti oggi e domani. Sono fiducioso, se tutto va come deve andare e tutti si assumono le loro responsabilità, come ha fatto il Comune in modo anche coraggioso, Napoli e tra 4-5 giorni sarà pulita, e il problema si risolve anche in provincia». Oilà, quattro o cinque giorni. Complimenti. Bisogna provare una bella eccitazione in questo annunciare che il capoluogo partenopeo sarà lindo nel giro di qualche dì. Silvio Berlusconi ha provato varie volte questa emozione. Il 28 ottobre scorso fa sapere: «Fra tre giorni a Napoli non ci saranno più rifiuti». Un mese dopo, il 26 novembre, concede il bis: «Sono un inguaribile ottimista, ma credo che la situazione di emergenza a Napoli si possa risolvere in due settimane». Otto giorni giorni dopo grida: «Abbiamo la certezza che nel giro di qualche giorno Napoli ritornerà ad essere pulita». E altri dieci, il 14 dicembre proprio mentre incassa la faticata fiducia alla Camera, va a Napoli a festeggiare con un altro clamoroso editto: «Pensiamo che nei prossimi due giorni Napoli sarà pulita». Da poco assiso nella stanza più importante di palazzo San Giacomo anche Giggino non ha resistito alla tentazione compiacere il popolo a chiacchiere: «In cinque giorni Napoli tornerà pulita». Cambierà qualcosa? La strada intrapresa sembra sempre la stessa. Senza discariche, senza termovalorizzatori, senza raccolta differenziata a Napoli la monnezza non si sa dove metterla. Gli stir (luoghi intermedi prima di destinare la monnezza a inceneritori o discariche altrove) sono pieni. De Magistris ha aperto quattro nuovi siti di trasferenza in modo da liberare gli stir. Senza perdersi in sigle, prende la monnezza e la sposta da un posto all'altro in modo da toglierla dalla strada in attesa di una soluzione più definitiva. E qui si apre l'altro capitolo. Attende l'aiutino del governo nazionale, cioè di Berlusconi: un bel decreto con il quale i rifiuti di Napoli (e solo quelli) diventano speciali. Ovvero: si possono appioppare ad altre Regioni senza che questi fiatino. Poi c'è la via più ambiziosa. Contro il termovalorizzatore era il governo Prodi e cadde. Poi è arrivato Berlusconi: bruciatori ovunque! Ora De Magistris ha vinto le elezioni dicendo: vade retro termovalorizzatore; in città ne era previsto uno a Napoli Est. In alternativa raccolta differenziata a tutto spiano. Un salto nel buio perché non esistono nel mondo occidentale grandi città analoghe che vivono senza termovalorizzatori. Anche i numeri non sono dalla sua parte. La sperimentazione della differenziata va avanti da due anni e mezzo con risultati scadentissimi (il governo sospetta siano pure taroccati al rialzo). Nel quartiere dove sarebbe dovuto sorgere il termovalorizzatore, Ponticelli, la raccolta porta a porta è iniziata in una sola zona. Uno pensa: non vogliono l'inceneritore, faranno i matti per fare la differenziata. Falso, la sperimentazione non è andata oltre il 20% e dovrebbe arrivare al 70 prima di vedere effetti sensibili. In questo clima de Magistris s'è ammalato di annuncite. E sbaglia. La città non è con lui visto che da quando esiste l'elezione diretta del sindaco è il meno votato della storia in termini assoluti: Bassolino nel '93 ebbe il 34,2% dei voti degli aventi diritto (il 55% degli effettivi elettori), nel '97 toccò quota 47%, la Iervolino si fermò a quota 32,7% nel 2001 e a 36,7% cinque anni dopo. De Magistris, nonostante il suo «abbia scassato», non è andato oltre quota 32,5%. Più che parlare deve ancora fare. E tanto.