L'eterno ritorno dell'uguale
Tolkien ci perdonerà per l'irrispettoso paragone. Ma la vicenda del centrosinistra italiano dal 1994 ad oggi, ricorda molto la saga del Signore degli anelli. All'inizio, anno 1996, c'è l'Ulivo. Una sorta di «compagnia dell'anello» costituita da Pds, Ppi, Rinnovamento italiano, Psi, Verdi e altre formazioni minori. C'era anche Rifondazione comunista che per l'occasione, però, decise di sottoscrivere un patto di desistenza. Fatto sta che la «compagnia» riuscì a mettere in crisi il «regno» del malvagio Silvio Berlusconi e per qualche anno si conquistò la possibilità di governare l'Italia. Alti e bassi, compagni che arrivano, compagni che vanno. Prodi andò a Bruxelles, a Palazzo Chigi arrivarono prima Massimo D'Alema e poi Giuliano Amato. Il Pds perse la «p» e restarono i Ds. Il Ppi sbocciò nella Margherita. E arriviamo al 2001. Il «malvagio» torna al potere. La «compagnia» resiste e la battaglia fra le Due Torri (secondo capitolo della saga) si fa più cruenta. Nel 2006, dopo cinque anni berlusconiani, la vince nuovamente Romano Prodi che stavolta imbarca tutto e il contrario di tutto. Nel calderone finiscono Ds, Margherita, Rifondazione, Idv, Udeur, Pdci, Socialisti, Verdi, Repubblicani, Radicali. Dopotutto si sa, l'Unione (questo il nome della nuova alleanza), fa la forza. Il Cavaliere cattivo, però, non è ancora sconfitto. Due anni di regno dei buoni ed eccolo tornare trionfante a Palazzo Chigi. Anno 2008. Da allora ad oggi il passo è breve. Ed eccoci al terzo episodio della saga: Il ritorno del re. Il protagonista è sempre lui, Prodi Romano da Scansiano. Perché la «compagnia» potrà anche cambiare, ma il re è uno solo. L'unico capace di sconfiggere per due volte il malvagio. Antonio Di Pietro gli ha tirato la volata venerdì dichiarando che lui gradirebbe non poco veder tornare il Professore in testa alla truppa. Di certo l'idea stuzzica Romano che negli ultimi tempi è tornato a farsi vedere con una certa insistenza e oggi invierà un videomessaggio programmatico al raduno di Insieme per il Pd (comunità di 20.000 persone nata attorno ad una pagina Facebook) a Bologna. Ma il «re» non è l'unico che si prepara a tornare. È bastato che Berlusconi inciampasse su due appuntamenti elettorali e il centrosinistra, forse incapace di elaborare una strategia per il futuro, ha deciso di rimettere in scena il copione del passato. A cominciare dal corteggiamento asfissiante alla Lega. Dopotutto fu il Carroccio ad aprire, con la decisione di mollare il Cavaliere nel 1994, la saga della «compagnia dell'anello». La sinistra tentò subito di portare Umberto Bossi dalla propria parte e Massimo D'Alema ha ancora il suo bel da fare a smentire chi lo indica come l'autore della definizione «Lega costola della sinistra». Diciassette anni dopo il film è lo stesso. E anche se Pier Luigi Bersani si affretta a spiegare che la sua è una «sfida» al Carroccio, l'impressione è che il tentativo sia quello di far fare ad altri ciò che l'opposizione, nonostante le infinite difficoltà del premier, non riesce a fare da sola. Forse non è un caso visto che ultimamente, dopo la stagione veltroniana del Pd a «vocazione maggioritaria» che aveva un po' snellito il gruppo, la «compagnia» è tornata ad essere piuttosto numerosa. Bastava guardare le piazze che hanno festeggiato le vittorie di Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris, ma anche i quattro sì al referendum, per rivedere facce legate più al passato che al futuro. Dall'ex segretario di Rifondazione Franco Giordano ad Alfonso Pecoraro Scanio, passando per Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto, Paolo Cento. E chi più ne ha più ne metta. Anche il dibattito sulle alleanze, depurato dei tentativi di accalappiare l'Udc, ruota attorno ad un semplice contatto: l'asse Pd-Idv-Sel è la base da cui partire. E la saga si avvia verso il suo finale. Ma forse, stavolta, potrebbe non essere il solito, vittorioso, finale.