Il Cav è incerto. La Lega è in tilt
Se le premesse di Pontida sono quelle annunciate ieri, stiamo freschi. Se la svolta leghista è un aumento della spesa per moltiplicazione e trasferimenti di poltrone, siamo fritti. Se il rispetto del programma invocato dalla Lega è quello che chiede più posti al Nord ma dimentica il taglio delle province, siamo alla frutta. Gli amici leghisti sanno quanto guardi con rispetto la storia del Carroccio, ma questi colpi di coda certificano uno stato confusionale crescente. Da loro mi sarei atteso un po' di saggezza e pragmatismo. Questo non è un momento in cui si può scherzare. Basta un colpo di tosse di un'agenzia di rating per pagare miliardi di euro in più di interessi sul debito pubblico. L'Italia è un Paese ricco, solido, ma nello stesso tempo fragile e con un dannato bisogno di investimenti. Ci sono forze dell'establishment finanziario che la vorrebbero trascinare nell'inferno della speculazione. La Lega per la prima volta sta vivendo una crisi d'identità e un indebolimento palese della leadership di Bossi. Finora la presenza di un Berlusconi forte ne aveva garantito un'azione dentro i confini istituzionali. Il partito del Cavaliere assolveva questo compito fondamentale: fermare le spinte secessioniste del Carroccio. L'unico vero movimento politico con una cornice nazionale, il Pdl, era una sorta di guarnizione di tenuta del sistema politico. Per questo un crash del Pdl è da evitare e bisogna preparare una transizione dolce, un atterraggio morbido per il Cavaliere. Lo sfascio a cui lavorano in tanti, apre le porte del caos.