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Sarkò gela l'Italia «In due siete troppi»

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L'affaireBini Smaghi diventa un caso internazionale, oggetto dell'attenzione dei Capi di Stato dell'Unione europea. Nicolas Sarkozy e Angela Merkel sono a Berlino per un incontro bilaterale sulla crisi greca e tornano a sostenere la nomina di Mario Draghi a presidente della Banca centrale europea. La candidatura dell'ex Governatore della Banca d'Italia, proposta dal Consiglio Ecofin, è condivisa all'unanimità dai ministri dell'Economia e delle Finanze Ue, nonchè dal Parlamento europeo. E il Consiglio Europeo dei capi di Stato e di Governo della prossima settimana avrà il compito di ratificare la nomina di Draghi. La condizione che arriva da Berlino, però, è sempre la stessa: all'Eurotower di Francoforte c'è posto per uno solo dei due banchieri centrali italiani. Sarkò parla chiaro. La Francia chiede pubblicamente la "testa" di Bini Smaghi per non rimanere senza suoi rappresentanti in seguito all'arrivo di Draghi alla presidenza. Il presidente francese esorta esplicitamente a mettere da parte le carriere personali rispetto «all'interesse generale» e confida nella parola data dall'Italia, dopo la posizione espressa da Berlusconi, che già giovedì aveva, in un colloquio e in una nota ufficiale di Palazzo Chigi, invitato Bini Smaghi a fare un passo indietro. «Non ho alcuna ragione di dubitare della parola dell'Italia» spiega Sarkò. Salvo poi lanciare una "frecciata" al banchiere centrale: «Anche se i piani di carriera degli uni e degli altri sono assolutamente appassionanti, essi sono meno importanti rispetto all'interesse generale». Il numero dell'Eliseo argomenta la ragion di "Stato" di Parigi in maniera secca: «C'è una regola, che è una regola non scritta, che ciascuno conosce bene - taglia corto - secondo la quale è nell'interesse della Bce vedere rappresentati i grandi Paesi nel direttorio». Poi - rivolgendosi alla Merkel e incassando uno sguardo di approvazione - aggiunge: «Forse si può considerare che la Francia è un grande Paese e forse si può considerare che avere due italiani su sei membri del direttorio della Bce non sarebbe una soluzione estremamente europea. Dire questo, mi sembra dire una cosa di buonsenso». I big, insomma, scendono in campo. Il rischio che il tira e molla sulla poltrona di Bini Smaghi faccia fare all'Italia una brutta figura internazionale è ormai dietro l'angolo. Berlusconi fa quel che può. Ieri sera ha avuto con Sarkò «una cordiale telefonata» in vista del Consiglio europeo. Il Cav ha ribadito la linea di pensiero del governo italiano condividendo le dichiarazioni fatte da Sarkozy e la Merkel a margine del bilaterale di Berlino. Nel pieno rispetto dell'autonomia della Banca centrale, entrambi hanno ribadito l'opportunità di confermare anche per il futuro l'equilibrio nella composizione del «board della Bce». Da parte della Bce, impegnata peraltro nella delicata trattativa sulla Grecia con gli stati dell'Ue, ci si limita diplomaticamente a ricordare quanto già espresso la scorsa settimana: «Come il presidente Trichet ha affermato durante la conferenza stampa dello scorso 9 giugno - dice un portavoce - tutti i membri del comitato esecutivo della Bce sono stati nominati per otto anni come da contratto. Tale periodo - spiega - è in linea con quanto stabilito dallo stesso trattato. I membri del comitato esecutivo prendono le loro decisioni in piena indipendenza». Che tradotto vuol dire che nessuno può imporre dall'alto le dimissioni a un componente del comitato esecutivo. Una posizione che peraltro non esclude un gesto di volontà dello stesso Bini Smaghi. La posizione del banchiere centrale di Francoforte - che giovedì aveva fatto appello all'indipendenza della Bce e al rispetto dello statuto per restare in carica fino alla fine del suo mandato (2013) - si fa sempre più insostenibile. Difficile dire se gli siano stati prospettati quegli incarichi di prestigio alternativi che lui ha fatto capire di desiderare, come ad esempio il posto di direttore generale della Banca d'Italia o del Tesoro. Di certo le sue chance di prendere il posto di Draghi come governatore si sono ridotte quasi a zero a vantaggio degli altri due candidati di peso quali l'attuale dg dell'istituto centrale Fabrizio Saccomanni (ben visto dalla struttura interna e da vasti settori economici bancari e politici) e quello del Tesoro Vittorio Grilli, (considerato, a torto o a ragione, vicino alle posizioni del ministro Giulio Tremonti). A questo punto, poi, l'interrogativo è un altro: quanto vale una figuraccia internazionale?

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