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Nessuna rendita. Primarie per tutti

Denis Verdini (S) con Ignazio La Russa

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Commentando a caldo i risultati dei referendum, Gaetano Quagliariello ha lasciato cadere lì una proposta interessante: un disegno di legge  che istituzionalizzi le elezioni primarie, sulla scorta di quanto accade, ad esempio, negli Stati Uniti. È una prospettiva nuova perché, per la prima volta, i vertici del Pdl sembrano essersi accorti che un problema di selezione della classe dirigente esiste. Peccato che poi il Vicepresidente dei Senatori azzurri sia caduto nel tranello di non accettare la democrazia come metodo, non riuscendo ad affondare il colpo e postulando che sì, le primarie vanno bene, ma non per Berlusconi e nemmeno per la scelta del leader del Pdl. Qualche giorno prima della scoppola referendaria, Mario Valducci aveva invece affidato ad internet e al suo account twitter il nuovo mantra: almeno il 20% (sic!) dei candidati nei consigli comunali (ri-sic!) scelti con le primarie. Adelante, Pedro, con juicio, insomma, e una regola sopra ogni altra: proporre primarie ma mai per sé stessi. Evidentemente così non va e non ci vuole un fine analista per comprendere che la classe dirigente del principale partito del centrodestra italiano continua a dare di sé l'immagine di un gruppo di potere asserragliato nel bunker e teso a difendere con i denti l'esistente. La proposta di Quagliariello non va però derubricata a semplice boutade post-elettorale, anche perché è sintomatica di un minimo di risveglio se non nelle coscienze, quantomeno nel dibattito interno al partito. Chi scrive ha lanciato, assieme ad Andrea Mancia, Diego Destro e sui nostri rispettivi blog (Rightnation.it e daw-blog.com), una petizione online sottoscritta in pochi giorni da circa 700 persone, a cui si aggiungono i più di mille utenti che hanno dato la loro adesione alla petizione attraverso Facebook. Una raccolta di firme molto semplice per chiedere una cosa altrettanto semplice: primarie per il Pdl, aperte a tutti e che mettano in discussione tutti. Consiglieri regionali e parlamentari eletti nei listini bloccati, candidati a Sindaco, Presidenti di Provincia, Governatori, dirigenti del movimento (dal coordinatore comunale a quello regionale) e su fino al Presidente Nazionale: nessuno deve sentirsi titolare di una rendita garantita o di un potere che non fa i conti con la base e con gli elettori. Non abbiamo la smania di rivendicare diritti di primogenitura su idee che dovrebbero essere alla base di qualsiasi partito popolare e non elitario: attendiamo che la proposta di Quagliariello venga depositata in Parlamento, discussa magari contestualmente a quella depositata da Walter Veltroni e da altri parlamentari Pd, e ci mettiamo subito a disposizione per stimolare un dibattito schietto e non dogmatico. È un tema questo su cui ci spendiamo da molto e non perché ci sentiamo depositari di chissà quali verità: abbiamo interpretato, rielaborandoli, concetti e spunti che in rete girano già da molto tempo. La discussione sulla forma partito, sul futuro dei moderati nel dopo Berlusconi è attiva su internet, nei blog, su facebook e su twitter molto prima che il doppio ceffone amministrativo e referendario svegliasse dal torpore i vertici di Via dell'Umiltà. Ai manovratori del Pdl sarebbe bastato dare un'occhiata a Tocqueville (www.tocqueville.it), il portale-aggregatore che riunisce online 2300 blog di estrazione liberale, libertaria, popolare, riformista, conservatrice per farsi un'idea di quel che si muove nel sottosuolo del centrodestra italiano. Al Pdl che oggi si agita e finalmente dibatte sul suo futuro andrebbe chiesto, per una volta, di evitare gattopardeschi predellini, soluzioni oligarchiche e scelte prese al chiuso delle stanze del potere. Internet e la rete hanno ormai il potere di anticipare i temi dell'attualità politica e di iniziare a fare, molto efficacemente, agenda setting. Invece di continuare a lamentarsi dello strapotere della sinistra online, il Popolo della Libertà farebbe bene ad accettare la sfida che arriva dal web e che nello spazio virtuale verrebbe taggata con poche ma efficaci parole d'ordine: democrazia, meritocrazia e coraggio delle proprie idee.

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