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Il negoziatore di mille segreti

Luigi Bisignani

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«Se ci fosse in politica gente capace, intelligente noi non serviremmo a nulla, saremmo disoccupati». Così spiegò una volta ad un amico Luigi Bisignani riassumendo in poche semplici parole quale fosse la sua missione. Il suo mestiere, quello di negoziatore fra i palazzi della politica e quelli della finanza, pubblica e privata. Mestiere ereditato in parte dal padre, responsabile della Pirelli in Argentina, che lo ha portato a tessere una fittissima rete di relazioni nella prima e nella seconda Repubblica. Da Francesco Cossiga, Giulio Andreotti, Raoul Gardini (Carlo Sama lo volle alla corte dei Ferruzzi convincendolo a lasciare la carriera da giornalista all'Ansa), gli amici di Washington e gli ambienti della P2 di Licio Gelli (iscrizione con tessera n.1689 attribuita nel 1977 e sempre smentita dall'interessato). Al rapporto con Gianni Letta, Lamberto Dini, Massimo D'Alema e anche Silvio Berlusconi. Una rete trasversale che andava da sinistra a destra, dal pubblico (Finmeccanica, Enel, Eni, e tutto il mondo delle vecchie partecipazioni statali), ai salotti bancari. Passando anche per il Vaticano, come ha ben ricostruito il giornalista Gianluigi Nuzzi nel suo libro Vaticano spa, grazie a un legame di parentela con i Lefebvre d'Ovidio, quindi rapporti con i porporati che seguivano Paul Casimir Marcinkus fino agli anni del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. A Bisignani, ricorda sempre Nuzzi, viene attribuito il colpo di far passare la maxi tangente Enimont dai forzieri dello Ior (condanna definitiva in Cassazione), di portare Giovanni Paolo II in visita al Messaggero dei Ferruzzi, al matrimonio che il prelato dello Ior monsignor Donato de Bonis (uomo chiave del riciclaggio proprio della tangente per sciogliere il polo chimico tra Eni e Montedison) celebrò nella chiesetta a pochi passi dal torrione Niccolò V che ospita affari e segreti, uffici e misteri della banca del Papa. «Bisignani ha ottimi rapporti con lo Ior da quando si occupava di Calvi e dell'Ambrosiano», raccontò poi de Bonis in un'intervista. «La sua è una famiglia religiosissima; suo padre, Renato, un alto dirigente della Pirelli scomparso da anni, era un sant'uomo, la madre, Vincenzina, una donna tanto perbene. Bisignani è un bravo ragazzo. L'Istituto si occupa di opere di carità e gli amici aiutano i poveri, quelli che non hanno niente. Anche il sarto Litrico mi diceva "io vesto i ricchi per aiutare i poveri"». «La ditta», lo usavano chiamare ministri, onorevoli e boiardi che facevano la fila nel suo ufficio a piazza Mignanelli per omaggiare, chiedere favori, consigli e discutere di nomine pubbliche e affari. Classe, 1953, ex giornalista dell'Ansa, radiato dall'ordine nel 2002, scrittore di spy story (è autore di due libri «Il sigillo della porpora» e «Nostra signora del Kgb»), ex capo ufficio stampa del ministro del Tesoro democristiano Gaetano Stammati (nel governo Andreotti, tra il '76 e il '79), ex direttore relazioni esterne del gruppo Ferruzzi ('92), nell'‘81 viene citato tra gli affiliati alla P2 di Licio Gelli. Nel ‘93 viene arrestato e condannato a scontare due anni e sei mesi nell'ambito delle inchieste su Tangentopoli ed Enimont per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. L'ultimo suo incarico risulta essere quello di Executive vice president for international business del gruppo Ilte Pagine Gialle. In un recente ritratto di Bisgnani fatto dal settimanale si legge che nel centro di Roma c'è un taxi che è sempre occupato, e che non prende mai chiamate. Inutile alzare la mano o fare un fischio se qualcuno lo incontra tra i vicoli dietro piazza di Spagna o davanti a Palazzo Chigi: il taxi inevitabilmente tira dritto per la sua strada. Perché da anni il conducente, Paolo, ha un unico affezionato cliente, un imprenditore che ha trasformato la macchina in una specie di ufficio mobile, con palmari, computer e attrezzature tecnologiche sparpagliate sui sedili. Il passeggero indossa sempre un vestito blu (sartoria napoletana) una camicia bianca e una cravatta blu, e si chiama Luigi Bisignani. Per gli amici, semplicemente Gigi. Fra chiacchiere e leggende, è comunque comprensibile che i magistrati vogliano aprire il vaso di Bisignani per far uscire intrecci rimasti finora oscuri. Ci hanno provato, invano, anche nel passato recente. Come nel 2007 quando è finito nel mirino dell'ex pm Luigi De Magistris, ora sindaco di Napoli che si presenta di persona, a sorpresa, a casa di Bisignani. Ha un mandato di perquisizione ma il bottino è scarso: qualche documento e un Blackberry 7230 blu. «Ho avuto l'impressione che fosse stato avvertito: lui era volato improvvisamente a Londra», ha detto una volta De Magistris. Resta da capire quanto di quell'inchiesta, conosciuta col nome di Why Not, sia finita nell'indagine partenopea di Woodcock. Intanto è partita la caccia all'ordinanza di custodia cautelare che potrebbe contenere intercettazioni tra potenti. Qualcuno trema già, e non per il freddo.

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