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"Un passo indietro" Pressing su Letta

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta

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Non c'è nessuno tra i big del Pdl che si sente di mettere la mano sul fuoco su Berlusconi. Nel senso che nessuno pensa sia ancora il candidato giusto per palazzo Chigi quando si andrà a votare. A breve o tra due anni, questo ancora non è chiaro. A Montecitorio ieri regnava un vago pessimismo nelle file del Pdl. Persino la capa del commando ultrà dei berluscones, Mariarosaria Rossi, si lasciava scappare un malinconico commento: «Non possiamo ignorare i dati. Se mettiamo coloro che non sono andati a votare assieme anche a coloro che hanno votato no, comunque il 52% degli italiani si è espresso contro i provvedimenti del governo. È un dato. Si è chiusa una fase, mi pare evidente. Ora bisogna pensare al dopo». Ecco, appunto. Il dopo. Che dopo sarà? E soprattutto, sarà con o senza Silvio Berlusconi? L'unico a mettere in pubblico in discussione il Cavaliere è Roberto Formigoni: «Serve un cambiamento di rotta veloce, basato sulle riforme. Se si proseguirà con la strada delle riforme, Berlusconi non è minimamente in discussione. Se però non si farà così, non ci salverà nemmeno Superman». Dietro le quinte in queste ore ci sono molti incontri. Tante telefonate. Ma ancora nessuna iniziativa vera e propria. Anche perché nessuno è davvero nelle condizioni di dire in faccia a Berlusconi: «Fatti da parte». C'è un segnale ancora più chiaro ed evidente. Come si mossi i governatori. Come il veneto Luca Zaia, che si è recato alle urne contrariamente a quello che aveva sostenuto Berlusconi e persino Bossi. O come la laziale Renata Polverini, la quale senza tanti giri di parole ha parlato di un errore riferito all'invito ad andare al mare. O come il sardo Ugo Cappellacci, che pure è stato fin qui narrato come una promanazione del Cavaliere, è andato a votare dopo che un precedente referendum locale aveva in maniera schiacciante bocciato l'ipotesi nuclearista. Sono in tanti a immaginare che sia necessario un ricambio. Un ricambio deciso. O almeno di fare in modo che Berlusconi la prossima volta sia affiancato da un altro candidato. Insomma che il centrodestra si presenti con un ticket alle prossime elezioni. Difficile immaginare che non stiano pensando a un piano B persone come Franco Frattini. O come Claudio Scajola. E sicuramente anche uno come Renato Schifani potrebbe sondare il terreno. Già, ma chi? Angelino Alfano è ancora sostenuto da un pezzo del partito. Non da tutto. E lo stesso Berlusconi nei giorni scorsi aveva parlato vagamente di una donna. È bastata un'idea buttata così, nel turbinio di questi giorni, ad alimentare le voci più assurde. C'era persino chi vedeva in quella donna la sagoma di Mariastella Gelmini. Il ministro dell'Istruzione è impegnata in tutt'altro. Anzitutto nel tenere tutto assieme il partito, nel rafforzare la leadership di Alfano e nel mediare con gli ex An. Resta comunque il fatto che in tanti pensino sia giunto il momento che il Cav faccia un passo indietro. Lo si vede dalla massa di adesioni che ha raccolto un'iniziativa come le primarie che pure non era nata per mettere in discussione Silvio, bensì solo per avviare un processo di partecipazione all'interno del partito. E basta guardare anche a come si è mobilitata la rete, persino sui siti vicini al Pdl, dove apertamente si chiede a Berlusconi di accelerare le procedure per la sua successione. Se così stanno le cose, rimane l'interrogativo di fondo: chi glielo dice? C'è una sola persona che in questo momento è più credibile di altri per andare da Berlusconi e chiedergli di fatto di fare un passo indietro. E questi è Gianni Letta. Il quale di certo non si fa portavoce di altri. Chi ha avuto modo di parlarci racconta che il sottosegretario non si è sbilanciato. Ma che abbia solo sostenuto sia necessario aprire una fase nuova. E di tendere la mano anche all'opposizione. Almeno alla parte più responsabile, su alcuni temi. D'altro canto anche il percorso indicato dal premier è chiaro per i due anni scarsi che restano davanti: riforma del fisco, riforma della giustizia e poi ricambio generazionale. Nel partito e nel governo. Dopo i risultati dei referendum, che fanno il paio con quelli delle amministrative, non resta più tanto tempo da perdere. F. d. O.

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