Come ti misuro la febbre del Pdl
La politica non è una scienza esatta, ma in gran parte delle sue manifestazioni è misurabile, verificabile, prevedibile e, naturalmente, variamente interpretabile. La sua lettura però nel medio-lungo periodo non può essere arbitraria perché alla fine i fenomeni in divenire si compiono e diventano, appunto, misurabili. Ho più volte espresso sul nostro giornale - con i miei editoriali e gli interventi dei commentatori - forti dubbi sulla sgangherata campagna elettorale per le amministrative e sul poco coraggio messo in campo in quella referendaria. La prima interpretazione di un fatto in divenire è diventata misurabile con il risultato elettorale di Milano e Napoli. Subito dopo ho spiegato che non si poteva ridurre una sconfitta simile a un fatto episodico e che quel voto era solo la punta di un iceberg che nella parte sommersa si stava allargando a dismisura, stava diventando una tendenza politica. Ho cercato di spiegare queste cose nei giorni subito dopo il voto e nel mio intervento alla riunione del Teatro Capranica a Roma, promossa da Giuliano Ferrara qualche giorno fa. Ovviamente le mie analisi sono apparse "eretiche" ai realisti più realisti del re che s'affaccendano nel Pdl e forse persino a Berlusconi, che un tempo avrebbe partecipato a quell'happening raccogliendo la sfida, mettendosi in gioco e cavalcando un "Tea Party" che ora, con lui o senza di lui, prenderà vita contro le oligarchie inamovibili e irresponsabili del suo partito. Mi dispiace, ma non posso farci niente. Il mio mestiere è quello di far buon giornalismo e analisi politica, piaccia o meno. Con l'avvicinarsi del voto referendario su questo giornale abbiamo messo in evidenza l'assenza di un messaggio chiaro da parte del centrodestra sulla consultazione popolare, la scarsità di argomentazioni da contrapporre a chi vota sì, la poca lungimiranza di una posizione imbelle su temi di così grande importanza (energia, liberazione dal socialismo municipale, più mercato e meno Stato), cioè l'essenza stessa di un programma politico liberal-conservatore. Segnali di reazione dal centrodestra? Non pervenuti, come la temperatura di Bucarest in tv durante gli anni Settanta. Così, nel silenzio e nell'ignavia, si è giunti al voto. I dati indicano che il raggiungimento del quorum è una possibilità concreta. Attendiamo oggi l'esito finale. Ma in ogni caso, quorum o meno, siamo di fronte a un problema che non è più eludibile: la spinta propulsiva del berlusconismo si sta esaurendo. Lo scrivo ben conoscendo il fenomeno, avendolo raccontato e studiato nei dettagli fin dall'inizio e condividendo i suoi non pochi aspetti innovativi che hanno cambiato il nostro scenario politico. Senza Berlusconi non avremmo mai avuto l'alternanza di governo, il programma e il patto con gli elettori, la misurazione del feeling tra maggioranza e Paese attraverso i sondaggi, il rapporto stretto tra audience e consenso, la sottoposizione del conflitto di interessi alla sanzione del voto popolare, la rottura dell'oligopolio del governo a favore di un establishment eterno, la nascita di un movimento di massa che ha impedito ai postcomunisti di salire al potere proprio mentre sulle loro teste crollava il Muro di Berlino, un paradosso storico evitato grazie al Cav, il racconto e la narrazione di un'alternativa al modello di cogoverno Dc/Pci - ma con la conventio ad excludendum contro i comunisti - basato sulla competizione di visioni differenti del mondo. Credetemi, si tratta di un record straordinario di fatti che hanno permesso al Cavaliere di stare in sella per un ciclo politico lunghissimo, diciassette anni, oggi il più lungo in Occidente. Dopo la caduta di Milano e Napoli, un quorum centrato e una strabordante vittoria dei Sì sarebbe un colpo enorme sul governo. Proveranno a minimizzare, a dire che non cambia nulla e va tutto bene madama la marchesa. Errore già fatto per le amministrative. Nascondere la sabbia sotto il tappeto non serve a niente. E non serve a niente, perfino in caso di flop del quorum, tirare a campare dicendo che così non si tirano le cuoia, perché in realtà le cuoia si tirano lo stesso, ma con una lenta e dolorosa agonia che porterà dritta all'implosione del centrodestra e a una crisi paragonabile a quella dei conservatori inglesi, i quali dopo aver perso la guida di Margareth Thatcher si ritrovarono ad affrontare una traversata nel deserto lunga quindici anni prima di scoprire un nuovo giovane leader, David Cameron. Oggi tutto questo, in assenza di una correzione di rotta da parte di Berlusconi, intuizioni innovative, riforme radicali e coraggio, è alle porte. Visioni? No, perché anche questa previsione, da oggi comincerà a essere misurabile.