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Urso prova a riciclarsi con il Pdl

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.Complice la «sconfitta» alle Amministrative, di fronte al «pericolo» di una vittoria rossa alle prossime Politiche, Gaetano Quagliariello e Adolfo Urso si lanciano in un'operazione difficile: ricucire lo strappo tra Pdl e Fli. È alle loro rispettive fondazioni (Magna Carta e FareFuturo) che viene affidato il duro compito del disgelo. I Think tank della cultura moderata, dai cui siti web è partita più di un anno fa la guerra fratricida tra finiani e berluscones, si mettono in gioco. E lo fanno in un ciclo di seminari che hanno l'ambizione di affrontare i temi che forse più degli altri hanno diviso i due schieramenti: dalla bioetica al multiculturalismo, dal bipolarismo alla riforma della Giustizia. Il titolo del primo, faticoso, incontro va subito al sodo: «I “Conti a destra” si fanno con le idee». Il tentativo è quello di «ripartire da un nucleo di principi non negoziabili che ci tengono uniti, su cui ricostruire il centrodestra», spiega il senatore del Pdl, Quagliariello. «Il tempo delle lacerazioni è scaduto. Gettiamoci i rancori alle spalle - esorta il finiano Urso - costruiamo un'Italia in cui possa maturare un bipolarismo vero, un nuovo centrodestra di moderati nel linguaggio e nel comportamento, nella volontà di fare riforme concrete». La critica alla deriva terzopolista dei suoi è netta, ma Urso tiene coperte le carte sulla sua uscita da Fli, e intanto esclude un ritorno nel Pdl o un approdo in Forza Sud. L'inclinazione dei due protagonisti a un dibattito ironico, fuori dagli schemi della muscolarità, permette di «mettere su i primi mattoni». Quagliariello e Urso squadernano diplomatiche ammissioni di responsabilità e si concedono pacati ma severi avvisi sugli errori dell'altro. La ferita è ancora aperta. L'esponente finiano tenta l'affondo sulla leadership. Mette sul tavolo la testa del suo Gianfranco Fini sperando di ottenere in cambio quella di Silvio Berlusconi: «Per rinnovare il centrodestra - spiega - dobbiamo partire dal basso, segnando un elemento di discontinuità con gli errori del passato, segnati dalla mancanza di partecipazione. L'unico modo per farlo è attraverso un meccanismo di primarie che individuino il nuovo candidato premier e alle quali non partecipino direttamente i leader che hanno avuto il merito storico di aver costruito il centrodestra e il bipolarismo: Berlusconi, Bossi, Fini e Casini». Il vicepresidente dei senatori del Pdl non intende arretrare. Un «berlusconicidio» non è in discussione. «È solo una scorciatoia. Ed è ciò che ha portato alla vittoria De Magistris, Vendola, Di Pietro che adesso rischiano di diventare gli eredi del berlusconismo». Quindi primarie sì, istituzionalizzandone le regole, ma solo per individuare i candidati alla guida di Comuni, Province e Regioni. «Non per la leadership, perché fin quando c'è Berlusconi il leader è Berlusconi». Urso arriva ad ammettere che «il regicidio è stato un errore». Quagliariello confessa che «il riconoscimento di Fli da parte del Pdl probabilmente doveva essere più efficace». Il primo passo è stato fatto. Ma - per favore - non ditelo ai finiani. Quelli veri.

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