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Il Pd lo ammette, è un voto sul Cav

Dario Franceschini

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«Un successo dei referendum sarebbe per Berlusconi il colpo del ko». Dario Franceschini, alla fine, non ha retto. La tentazione di rispolverare un po' di «sano» antiberlusconismo a due giorni dall'apertura delle urne sui quattro referendum era troppo succulenta per resistere e così è riuscito a trasformare una consultazione su acqua, nucleare e legittimo impedimento, nell'ennesimo test sul governo. Una posizione dalla quale maldestramente ieri pomeriggio ha tentato di prendere le distanze il segretario Democrat Pier Luigi Bersani («Il voto del 12 e 13 giugno non è pro o contro Berlusconi, ma deve essere espresso sul merito dei quesiti») dimenticandosi però che in mattinata, in un'intervista a l'Unità aveva detto l'esatto contrario: «È un anno che diciamo che Berlusconi deve andare a casa» e poi ha aggiunto: «Se c'è una grande partecipazione verrà confermata un'esigenza di cambiamento». Intanto, mentre i referendari stanno tentando ogni strategia pur di raggiungere il quorum, il premier, a margine della conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha, per la prima volta, reso nota l'intenzione di non recarsi ai seggi. «Penso che non andrò a votare» sono state le sue parole rivendicando poco dopo la decisione come «un diritto dei cittadini». Non l'avesse mai fatto. L'ennesimo pretesto per galvanizzare l'opposizione. Rosy Bindi ha colto la palla al balzo: «Il premier non poteva fare spot migliore per incoraggiare la partecipazione al referendum. Anche Craxi dichiarò che non avrebbe votato e non gli andò molto bene». Poi anche lei ha voluto unirsi al coro degli antiberlusconiani: «Il voto di domenica può confermare che il governo è in minoranza nel Paese e che nessuno crede più alle sue promesse». Le polemiche non si sono limitate al mondo della politica. Ieri, infatti anche le parole di Benedetto XVI che rievocando il disastro nucleare di Fukushima invitavano a «sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie in grado di salvaguardare il patrimonio del creato», sono state interpretate come un invito al votare «sì» ai referendum. Una lettura data dal Tg3 sulla quale il Commissario dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha chiesto di aprire «un'immediata istruttoria per violazione delle norme della par condicio». Infine i referendari dovranno affrontare un'altra difficoltà: il voto degli italiani all'estero. Infatti come spiega il radicale Mario Staderini «continuano ad arrivare dall'Europa e dall'America Latina segnalazioni di gravi irregolarità del voto. Quei voti mettono a rischio il quorum di tutti e quattro i quesiti. Non è tollerabile che l'esito dei referendum sia deciso, anziché dal voto di venti milioni di italiani, dal mancato adempimento da parte delle istituzioni dei propri obblighi».

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