Berlusconi: "Nuovo fisco entro l'estate"
Di nuovo faccia a faccia. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti si vedono ancora, stavolta a margine del Consiglio dei ministri. Quel che si dicono ormai conta sempre meno. Vale quello che dirà il premier più tardi, quando scende al pian terreno di palazzo Chigi per la consueta conferenza stampa per illustrare i provvedimenti presi dal governo. La linea del Cavaliere è facilmente riassumibile: vado avanti, tiro dritto. Niente mediazioni, la linea dell'esecutivo la stabilisce palazzo Chigi e non via XX settembre. E la direzione di marcia è chiara: subito la riforma del Fisco. Berlusconi indica anche una scadenza: «Prima dell'estate». Prima della pausa estiva dunque il governo potrebbe varare la legge delega per le nuove tasse, il che non vuol dire che al rientro delle vacanze gli italiani si troveranno le aliquote abbassate. No, significa che il governo chiederà mandato al Parlamento per procedere. La novità magari sarà nel fatto che l'esecutivo scoprirà le carte e dirà in che direzione vuole muoversi. Sull'Irpef, sull'Irap, sul quoziente familiare o, magari, su tutto assieme. Ma c'è un altro dato rilevante. Mentre Giulio Tremonti è apparso convinto a mettere subito le mani a una Manovra correttiva da 40 miliardi da spalmare nel triennio, il presidente del Consiglio la pensa diversamente. E illustra: «Quest'anno, prima dell'estate, credo che interverremo con un'opera di manutenzione del bilancio, che sarà di qualche miliardo, probabilmente intorno ai 3 miliardi. E poi provvederemo, negli anni a venire, sempre con gli stessi interventi già prodotti negli anni passati. Si tratta di aderire all'indicazione che la Commissione europea ha proposto al Consiglio dei capi di Stato e di governo, e che questi hanno valutato positivamente, di portare i nostri bilanci in pareggio entro il 2014. Noi siamo in una posizione privilegiata». Dopo spiega, come se volesse sconfessare un altro piedistallo su cui poggia la teoria di Tremonti (la necessità di essere in linea con il resto d'Europa): «Non si tratta di nulla di preoccupante - spiega il premier - si tratta di aderire alle indicazioni che la commissione Ue. Il nostro deficit bilancio è del 4,6%, meglio di noi solo la Germania, tutti gli altri Stati hanno deficit più elevati. La Francia ha 10 e mezzo per cento, la Polonia è al 7 e nove per cento per non parlare di Portogallo, Grecia e Irlanda, ma io credo che tutti si impegneranno per arrivare "close to balance" nel 2014». Un modo per dire: gli altri stanno peggio di noi, ma perché ci dobbiamo impiccare noi ai parametri Ue? L'idea è di fare ora un'azione light e rinviare l'operazione pesante a dopo il voto 2013 (se non si andrà alle urne prima), se la vedrà il futuro governo. Dopo però spiega che a settembre potrebbe esserci un nuovo intervento, sulla cui entità però sfuma: «Non sono 33 miliardi per niente, state tranquilli. Inutile andare a preoccupare i cittadini per cose che non sono vere, andremo avanti con uno 0,7-0,8 di Pil, non c'è da preoccuparsi». Smentisce i quotidiani che ricostruiscono lo scontro con Tremonti e gli accenti forti: «Non leggo più i giornali, davvero. Paolo Bonaiuti mi manda le notizie in una nota, leggere i giornali significa disinformarsi. Con Bossi e Tremonti abbiamo ripetutamente parlato della Manovra in termini assolutamente rispettosi e civili». E accusa: «I cittadini ci riconoscono la nostra attività governativa. Non ce la riconoscono i media. Ma dagli ultimi focus risulta che il 50% dei motivi che hanno portato gli italiani a non votare è il disgusto per la classe politica, per la rappresentazione che ne danno i media. Un fatto molto negativo, per qualunque governo». Assicura che il governo va avanti fino alla fine della legislatura, tra due anni, e ricorda: «Se gli italiani sapessero quello che abbiamo fatto dovrebbero farci un monumento. Non abbiamo licenziato un dipendente pubblico, non abbiamo abbassato gli stipendi pubblici, non abbiamo alzato l'età pensionabile e nessuno è stato lasciato solo nella crisi, senza mai aumentare le imposte, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani». Si fa prendere la mano e si lascia andare: «Spesso trovandomi in situazioni internazionali, mi dico: ma se ci fosse qualche protagonista della sinistra al posto mio, che figura ci faremmo? E mi corre un brivido lungo la schiena». Anche perché, aggiunge, «io sono il più esperto, ho avuto un grande successo come imprenditore privato rispetto agli altri leader, io sono un tycoon e quanto a intelligenza non sono secondo a nessuno». Parla dei referendum e fa sapere: «Non mi recherò a votare. È un diritto dei cittadini decidere se votare o meno in occasioni referendarie». Tra l'altro una scelta che lo vede ancora una volta in linea con Umberto Bossi proprio in un momento in cui il Senatùr non sembra intenzionato a sferrare il colpo; al contrario appare sempre più convinto a far proseguire l'esperienza di governo e prova a mediare tra il premier e il ministro dell'Economia. Infine, l'ultima rassicurazione del Cavaliere: «Nel mio partito c'è assoluta tranquillità, non c'è una situazione che mi preoccupa, sono tutte invenzioni della stampa». Ma poi mette le mani avanti: «La permanenza di Angelino Alfano al ministero è legata alla nomina definitiva a segretario del Pdl, che avverrà tra il 1 ed il 4 luglio. Quella è la data». In serata però vede Claudio Scajola. Con lui discute delle diverse exit strategy visto che proprio di recente l'ex ministro dello Sviluppo è stato visto chiacchierare con Tremonti.