Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Il pugno in faccia ai parenti delle vittime

default_image

  • a
  • a
  • a

MaurizioCampagna, 50 anni, è il fratello di Andrea, agente della Digos di Milano, ucciso nel 1979 in un agguato firmato dai Pac, Proletari Armati per il Comunismo. Il loro leader, Cesare Battisti, è stato scarcerato appena 12 ore prima in Brasile, e per l'omicidio di Andrea Campagna è stato condannato all'ergastolo, uno dei quattro inflitti al terrorista rosso per altrettanti omicidi. «Questa cosa andrà avanti - dice Maurizio Campagna, 50 anni, dipendente Telecom che aveva 18 anni quando suo fratello fu ucciso - si discuterà di questo oltraggio per parecchio e questo vuol dire riaprire una ferita, non è bello. Ora la cosa è una questione politica e il cazzotto in faccia di cui parlo non è a me, ma all'Italia intera. Il nostro governo deve rispondere, non si può fare credere all'estero che la nostra giustizia sia una delle peggiori del mondo perché non è vero. Si fa credere che qui, negli anni Settanta, ci fossero giudici-colonnelli, tribunali militari, si fa credere che oggi ci siano i familiari delle vittime che chiedono vendetta. Il governo deve far capire il contrario, l'Italia è l'unico Paese al mondo che garantisce tre gradi di giudizio». Campagna ha parole particolari di ringraziamento per il Presidente della Repubblica. «Napolitano va ringraziato per le sue parole - dice - e del resto è il politico che ha alzato la voce più di tutti per questi fatti». «Sono più che incazzato perchè è una decisione ignobile - spiega - ma non finisce qui». A parlare è Alberto Torregiani il figlio del gioielliere ucciso in un conflitto a fuoco dai Pac 32 anni fa, su una sedie a rotelle per uno dei colpi sparati dai terroristi in quell'occasione. Torregiani, però non si arrende, «significa che un delinquente può fare ciò che vuole - e, precisa - io a questo non ci sto». Il dito ora è puntato contro chi ha preso la decisione: «L'atteggiamento di questi pseudogiudici è un'offesa per chi fa veramente quel mestiere. La decisione dei 6 (i giudici che hanno votato per il no all'estradizione contro i 3 favorevoli, ndr) era già scontata prima di Natale. Si sono seduti e hanno fatto quattro chiacchiere. Il loro orientamento era quello ed è rimasto quello e le loro motivazioni sono assurde». «Questo per noi è l'ennesimo schiaffo. Sdegno, rammarico e vergogna soprattutto per noi familiari, ma penso anche per tutti gli italiani». Così, Adriano Sabbadin, figlio di Lino Sabbadin ucciso nel febbraio del '79 da un commando dei Pac di cui era leader Cesare Battisti, commenta il «no» brasiliano all'estradizione del terrorista. «In questo momento penso che cadano i principi fondamentali della nostra democrazia», commenta amaramente e la sua voce tremula rivela la rabbia e lo sconforto. Mau.Pic.

Dai blog