Il pericolo del Pdl è vivacchiare
Il caso ha diabolicamente voluto che la "Festa per il caro amico Silvio", o "Libera adunata dei servi del Cav.", promossa con la sua solita e astuta allegria da Giuliano Ferrara per aiutare il Pdl a riflettere sulla batosta subita nelle elezioni amministrative di maggio, si svolgesse ieri mattina, nel Teatro Capranica, mentre il governo e la maggioranza inciampavano al Senato, a poche centinaia di metri di distanza, in due votazioni sul disegno di legge anticorruzione. Eppure i numeri a Palazzo Madama, naturalmente al lordo delle assenze, sono migliori che alla Camera. Ma gli incidenti del centrodestra al Senato non sono stati solo di tipo numerico. Vi è stato anche un infortunio politico vero e proprio, almeno per l'impatto con la sensibilità, credo, dell'elettore medio del centrodestra: un infortunio targato Lega, il secondo partito della coalizione governativa, che ha ritenuto di marcare la propria e solita diversità -la vogliamo chiamare così?- opponendosi al vincolo del giuramento costituzionale, condiviso da tutti gli altri gruppi parlamentari, per quanti occupano cariche pubbliche o assumono pubblici impieghi. Quanto è accaduto a Palazzo Madama dimostra che questa maggioranza, e non solo il Pdl, se non si dà una mossa, ma una mossa vera, non potrà arrivare alla fine ordinaria della legislatura. O vi arriverà nel peggiore dei modi, vivacchiando, in un logoramento progressivo che le precluderà la possibilità di vincere le prossime elezioni, con Silvio Berlusconi ancora alla guida o con chiunque altro. Purtroppo di questa realtà, peraltro prima ancora di conoscere gli ultimi eventi del Senato, forse modesti ma significativi, hanno mostrato di rendersi conto al Teatro Capranica solo Ferrara e il direttore de Il Tempo Mario Sechi. Che hanno invitato i dirigenti del Pdl raccolti nelle prime file, in una sala felicemente stracolma di pubblico, a non illudersi che le elezioni amministrative di maggio siano archiviabili come un infortunio. O come una partita sfortunata- per ripetere un'immagine proposta da Vittorio Feltri, fresco di ritorno al Giornale da Libero- di un campionato ancora lontano dalla sua conclusione. A parte, ripeto, Ferrara e Sechi, tutti gli altri hanno mostrato o troppa rassegnazione o troppa fiducia nella possibilità che il Cavaliere raddrizzi la barca da solo, con la sua fantasia, con il suo coraggio, con la sua imprevedibilità, a dispetto dei suoi avversari, politici o magistrati o giornalisti che siano. Un Cavaliere esposto, secondo il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, in polemica sia pure amichevole e ironica con Ferrara, che da qualche tempo è anche il suo editorialista della domenica, oltre che fondatore e direttore de Il Foglio, addirittura al rischio di un "regicidio" con l'arma delle primarie. Ma anche chi ha condiviso o ha aperto alle primarie, per esempio il direttore di Libero Maurizio Belpietro, che ha appena provato a farle fra i suoi lettori, ha raccomandato di togliersi dalla testa l'idea di poter fare a meno della guida di Berlusconi, fin quando il buon Dio lo terrà in vita e in buona salute, o lui stesso non deciderà di farsi da parte. Alessandra Mussolini, che ha divertito il pubblico con un impareggiabile racconto della sfortunata e un po' anche comica campagna elettorale di Gianni Lettieri a sindaco della sua Napoli, dove lei sicuramente -credetemi- avrebbe stravinto su Luigi de Magistris, ha abbracciato e baciato una sagoma di Berlusconi in cartone, sistemata ironicamente sul palco, nell'attesa rivelatasi inutile che arrivasse lui di persona. E in quel bacio sicuramente si saranno riconosciuti, pur non avendo avuto la spontaneità e o la goffaggine di replicarlo, altri parlamentari e ministri del Pdl chiamati al microfono dal promotore del raduno: Daniela Santanchè, Giorgia Meloni e Giancarlo Galan. Il pubblico, naturalmente, ha gradito baci e carezze, diciamo così, al Cavaliere assente. E, anche a costo di opporre villania a villania, ha rumorosamente interrotto le pur diversamente arcigne Marisa Terragni e Ritanna Armeni, invitate ad esprimere da simpatizzanti o militanti della sinistra le loro critiche, e i loro vaticini di fine politica del Cavaliere, perché il raduno non risultasse troppo chiuso in se stesso. Ma personalmente dubito che si faccia un buon servizio al presidente del Consiglio chiudendolo in una specie di nicchia d'intoccabilità e venerazione, sino a sostenere -come ho sentito- che egli abbia subìto dal suo partito, più che condiviso, le candidature più clamorosamente fallite in questo turno di elezioni amministrative. Nossignori, chiudere il Cavaliere in una nicchia del genere significa solo contribuire alla caricatura che ne fanno gli avversari. A qualcuno nella platea romana del Capranica è forse apparso ieri un paradosso l'invito tutt'altro che paradossale rivolto al centrodestra da un altro invitato di sinistra, il giornalista Piero Sansonetti, a curare i propri mali anche per aiutare gli avversari a migliorare. Neppure loro infatti stanno bene, anche se sono usciti vittoriosi dalle urne amministrative di maggio. E i mali, anche in politica, non si curano limitandosi a contemplarli, dicevo, tra baci e carezze.