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A sinistra riparte il tutti contro tutti

Pierluigi Bersani

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L'idillio è già finito. Smaltita la sbornia per i risultati elettorali delle amministrative nel centrosinistra sono cominciati a volare gli stracci. Nichi Vendola contro Pier Luigi Bersani, Massimo D'Alema contro l'Unità e il Terzo Polo. E poi Giuliano Pisapia che frena gli «appetiti» dei partiti alla caccia di una poltrona nella giunta milanese e il sindaco Pd di Salerno Vincenzo De Luca che chiede la rimozione «da funzioni dirigenti nazionali» delle «tante anime morte che non rappresentano nulla». Scene già viste che, anche se probabilmente hanno genesi diverse, mostrano bene quanto lontano sia l'obiettivo di una coalizione compatta in grado di costruire l'alternativa a Silvio Berlusconi. Eppure ieri era il giorno del «trionfo». Con un Bersani rafforzato che si presentava davanti alla direzione nazionale del partito per raccogliere onori e gloria. In effetti il segretario ha lanciato la sua «sfida riformista» per guidare il Paese incassando la fiducia di tutti i big democratici. L'ambizione è quella di diventare il «primo partito», ma il futuro è tutt'altro che privo di timori e perplessità. La ferita del '93-'94 quando il centrosinistra, dopo aver vinto le amministrative, si infranse contro il muro della Politiche, è ancora aperta. E soprattutto è aperta la «ferita» dell'Unione quando il centrosinistra si presentò a Palazzo Chigi con un'orchestra rissosa e stonata. Così Bersani chiede senso di responsabilità agli alleati e avanza dubbi sulla loro affidabilità. Abbastanza per scatenare l'ira di Vendola che replica: «Considero la dichiarazione di Pier Luigi Bersani un po' pelosa nei miei confronti. Nessuno nel centrosinistra può mettersi in cattedra e considerare gli interlocutori come alunni da sottoporre agli esami. È una dichiarazione un po' meschina, figlia di una cultura del partito che trovo un po' invecchiata. Quelli che venivano bollati come estremisti hanno invece avuto una capacità di apertura culturale che dovrebbe essere di lezione per gli apologeti del moderatismo. Bisogna avere più umiltà, meno spocchia e più disponibilità a mettersi in discussione». Immediata la replica del leader Pd: «Per l'amor di Dio non sono io il maestrino, non è questa la mia intenzione, ma io intendo un patto chiaro e esigibile con il Paese e penso che entrambi sentiamo la responsabilità profonda di governare che deve essere inequivocabile e ci riguarda tutti parimenti come abbiamo dimostrato bene nelle elezioni amministrative». Nichi ringrazia per il chiarimento. Pace fatta, ma l'impressione è che non sarà semplice, per Bersani, tenere a bada Sel. Anche perché, quasi nelle stesse ore, a Milano Pisapia alza la voce e avverte: «Sulla nuova Giunta stiamo lavorando in armonia, ma poi le scelte finali le farò io perché questo mi ha chiesto la città e questo mi sta chiedendo ancora la maggioranza dei milanesi». Da un fronte all'altro. Da Bersani a D'Alema. A far irritare il lìder Maximo non sono però le intemperanze degli alleati, ma un articolo di Francesco Piccolo sull'Unità dal titolo: «Le elezioni sono la strada maestra». Un articolo che esordisce così: «La strategia di D'Alema non è soltanto disarmante, ma anche irrispettosa nei confronti degli elettori». E via a ricordare che Baffino, in fondo, è parte se non origine del problema che l'Italia si trova oggi ad affrontare. I maligni dicono che l'articolo di Piccolo sia un «regalo» di Concita De Gregorio in procinto di lasciare la guida del quotidiano ad un direttore più gradito a D'Alema e a Bersani (da tempo il nome che circola è quello di Claudio Sardo del Messaggero). Ma al di là degli screzi personali il lìder Maximo, che già non ha un ottimo rapporto con le «iene dattilografe», non gradisce e attacca: «Mi aspettavo insulti da parte di Cicchitto ma sono rimasto perplesso dal fatto che l'Unità mi insultasse nel percorso indicato verso le elezioni. Si tratta di manifestazioni di primitivismo politico pericoloso». Concita difende le proprie scelte («Non vedo insulti»), ma il diverbio mette in mostra tensioni piuttosto inspiegabili. Come quelle che, sempre D'Alema, crea con l'Udc. Il partito che, nelle intenzioni dell'ex premier, dovrebbe andare ad ampliare e completare il campo del centrosinistra. «È evidente - spiega Baffino nel corso della direzione nazionale - che le furbizie, le pigrizie, i terzoforzisimi del Terzo Polo non hanno portato ad un successo elettorale e gli elettori del Terzo Polo si sono dimostrati un passo avanti rispetto ai loro dirigenti». Replica dell'Udc: D'Alema usa le stesse parole di Silvio Berlusconi. Errore fatale per il Cavaliere, come rischia di essere oggi per i suoi avversari».

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