La mina referendum. "A rischio l'economia"
Altolà ai referendum, fanno male all’economia. A suonare il campanello d’allarme è stata ieri l'agenzia di rating Fitch che ha pubblicato uno studio sui possibili effetti della consultazione popolare in Italia. Nel mirino, in particolare, è finito il referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici che, sostiene Fitch, «può mettere a rischio gli investimenti nel settore, cancellando l'adeguata remunerazione degli investimenti prevista dal decreto legislativo 152 del 2006». Questo rendimento è ottenuto attraverso le tariffe sull'acqua che le società addebitano al consumatore finale. Secondo gli analisti, dunque, «le incertezze regolatorie derivanti dalla consultazione circa il destino futuro della remunerazione degli investimenti (oggi prevista) potrebbero spingere le banche a bloccare i prestiti al settore fino a che non ci fosse chiarezza sul nuovo sistema di remunerazione introdotto in caso di vittoria dei Sì». Questo potrebbe inoltre «portare ad un rinvio nell'avvio degli investimenti e ridurre la capacità delle imprese di rispettare gli obblighi derivanti dalle concessioni all'interno dei loro piani economici e finanziari di lungo periodo», ha spiegato Francesca Fraulo, direttore del team Energia, utility e regolazione dell'agenzia. La società di rating ricorda anche di aver dato un «voto» ai due maggiori operatori del settore: Acea (A/stabile) e Acquedotto Pugliese (BBB-/stabile). Ma «in questo momento è troppo presto per poter valutare l'impatto che questo tema potrebbe avere sul loro rating», viene precisato nello studio. Di certo, aggiungiamo noi, l'Italia paga già la tariffa idrica più bassa d'Europa che incentiva lo spreco e frena investimenti, impianti ambientali (depurazione) e innovazione nella qualità del servizio. Abolita quella norma, saranno cancellate anche le gestioni pubbliche imprenditoriali più dinamiche. Intanto, anche altri analisti e broker stanno scommettendo sull'esito delle consultazioni. «La Corte di Cassazione ha ammesso il referendum sul nucleare, quindi il 12 giugno sarà più probabile che tutti e tre i referendum abbiano successo», scrive Equita sim in una nota. Diversa l'opinione degli analisti di Intermonte, secondo cui «la presenza di un tema di grande rilevanza come il nucleare potrebbe aiutare il raggiungimento del quorum anche per gli altri quesiti, un'ipotesi che tuttavia rimane improbabile». Per Equita, il principale impatto deriverebbe dal referendum sull'acqua che «porterebbe alla cancellazione della normativa sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali e, nello specifico sull'acqua, all'eliminazione del passaggio della legge che assicura una adeguata remunerazione del capitale investito per le tariffe dell'acqua». Il broker, in sostanza, ritiene che «l'eventuale vittoria del referendum sarebbe una notizia negativa creando incertezza per le società esposte ai servizi idrici. La società più a rischio è la romana Acea, ma le ripercussioni riguardano anche gli altri gruppi del settore quotati a Piazza Affari come Hera e Iren. Il parere degli esperti di Borsa non piace però ai supporters dei referendum. Come le associazioni dei consumatori che ieri hanno contrattaccato: il report di Fitch è «un'ingerenza inaccettabile sul referendum del 12 e 13 giugno, massima espressione della volontà popolare, da parte di un'agenzia di rating che deve smetterla - come le altre due consorelle - di sfornare giudizi a pagamento per cercare di influenzare con giudizi ansiogeni i risultati», hanno scritto in una nota i presidenti di Adusbef e Federconsumatori, Elio Lannutti e Rosario Trefiletti. Chiedendosi anche polemicamente «chi sono stati i committenti che hanno pagato un giudizio di Fitch che cerca di spaventare gli elettori e che esce stranamente a 10 giorni dalla consultazione popolare». Tutto fa politica.