Testata nucleare. Per la sinistra il referendum è un altro test su Silvio
Il centrosinistra ci vuol provare ancora. Senza neppure aver smaltito la sbornia presa con i successi alle elezioni amministrative ora si prepara a stravolgere i referendum del 12 e 13 giugno e a trasformarli in un nuovo test pro o contro Berlusconi. Una mano gliel'ha data la Cassazione che ieri ha deciso di ammettere anche il quesito sulla costruzione delle centrali nucleari sulle quali il governo aveva già deciso la moratoria per un anno. I referendum sui quali i cittadini saranno chiamati a decidere sono così quattro: oltre a quello sull'atomo i due sulla privatizzazione dell'acqua e uno sul legittimo impedimento. Ma gli ultimi tre, da soli, avevano meno possibilità di attrarre votanti sufficienti per raggiungere il quorum, mentre con quello sul nucleare, sfruttando anche l'onda emotiva del disastro della centrale di Fukushima, l'opposizione spera di arrivare ai voti necessari. E trasformare così un eventuale successo in un'altra spallata a Berlusconi e al governo. E se quello sul nucleare è il «motore» della consultazione la vera arma in mano al centrosinistra sarà il quesito sul legittimo impedimento. L'eventuale successo del sì all'abolizione dello scudo per il premier e i ministri diventerà un'arma in più in mano alla sinistra per continuare la campagna sulla richiesta di dimissioni di Berlusconi. Nel Pdl la preoccupazione c'è ed è palpabile. Oltre al rimpianto di non aver modificato meglio la legge sulla costruzione delle centrali nucleari in modo da evitare il referendum. Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico, ieri era stupefatto della decisione dei giudici: «Governo e Parlamento hanno abrogato tutte le norme che consentivano l'installazione di centrali nucleari. La decisione della Cassazione desta dunque assoluto stupore, perché già oggi non vi sono in Italia norme che consentono la produzione di energia nucleare. L'unico effetto sarà quello di lasciare il Paese con un vuoto normativo sulla costruzione del futuro energetico del Paese». Intanto, per cercare di evitare che la consultazione diventi un altro test sul governo, il Pdl ha deciso di lasciare libertà di voto ai propri elettori. «Questo – ha spiegato Maurizio Lupi – perché non vogliamo caricare di nessuna importanza politica la consultazione. Io personalmente non andrò a votare per questa ragione». Ma nelle dichiarazioni degli esponenti dell'opposizione la nuova campagna contro il premier è già partita. Esulta per primo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che annuncia che il suo partito darà voto favorevole a tutti e quattro i quesiti: «Il Pd voterà sì al referendum sul legittimo impedimento perché è una legge ad personam – ha spiegato – Il presidente del Consiglio pretende di avere regole diverse da quelle degli altri cittadini e presentarsi quando vuole lui ai processi. Invece noi diciamo che la legge è uguale per tutti». Ancora più esplicito Enrico Letta, deputato dei Democratici: «Il referendum può essere il terzo tempo delle elezioni». Più «moderato» per una volta il leader dell'Idv Antonio Di Pietro: «Noi ci appelliamo ai cittadini perché vadano alle urne senza preconcetti e senza la necessità di considerare questo voto un "giudizio di Dio" su Berlusconi». Dentro Futuro e Libertà è invece forte la tentazione di trasformare la consultazione in un attacco al Cavaliere. E se Gianfranco Fini per una volta tiene un profilo istituzionale – «Avevo già detto l'altro giorno che era giusto andare a votare a prescindere da quanti sono i quesiti» – il suo vice Italo Bocchino è esplicito: «Non c'è dubbio che anche questa volta sarà un referendum su Berlusconi». Su posizioni nettamente diverse i due dissidenti Adolfo Urso e Andrea Ronchi i quali invece voteranno quattro no. Ma del resto il primo è stato il relatore del ddl sviluppo che conteneva la norma sul nucleare e il secondo, da ministro, ha applicato la direttiva europea sulla privatizzazione dell'acqua.