segue dalla prima di MARIO SECHI Sentono la vittoria in tasca e presumono troppo.
Sentonol'odore del sangue della preda, ma non colgono il rischio di ricevere un colpo di coda della maggioranza silenziosa che sta alla finestra, ama un po' meno questo Berlusconi - forse ne attende un altro - ma non ha dimenticato di che pasta sono fatti gli altri incompiuti della storia. Ah, certo, loro se ne infischiano perché già vivono nel «post». Post-it. Post-Berlusconi. Post-berlusconismo. Post-Pdl. Post-fango. Post-bavaglio. Post-Arcore. Post-tutto. Massì, il Cavaliere ha preso una colossale botta, cribbio. Ma attenzione perché le vie della politica sono infinite. Se si fa di nuovo politica. Certo, dovrebbe capirlo per primo lui, Silvio, e non è detto che vi riesca e abbia voglia di ascoltare qualche temerario ma onesto, disinteressato e amichevole consiglio. Per questo ha bisogno non dei bisbigli dei cortigiani, ma di un paio di sonori schiaffoni per rimettersi in pista. Giuliano Ferrara s'è messo in testa di fare la festa "al nostro idolo infranto" e ovviamente noi ci stiamo, cribbio. È da mesi che consumiamo inchiostro per dire a Berlusconi che no, accidentaccio così non si va lontano, che il muro di titanio fa male al cranio, che serve altro, che le facce feroci non sono belle da vedere, che i penultimatum sono falò, che la sua macchiettizzazione si nutre dei suoi errori, dei suoi videomessaggi zdanovisti, che non si conduce un partito come una bocciofila, che non si dà il Gerovital a Prodi con ingenui scivoloni, che nei comizi si fanno discorsi politici con l'idea, il sogno e il sorriso e non interrogazioni a risposta guidata, che bisogna rifare il leader e il partito, lanciare le elezioni primarie nel centrodestra e parlare di rivoluzione conservatrice. A partire dall'economia e dal desiderio di un fisco dal volto umano e uno Stato inflessibile ma mite. Bene, ora che tutti gli avvertimenti sono stati inutili, ora che le truppe cominciano a guardarsi intorno per trovar riparo dal diluvio, ora che il motto «io non sono mai stato berlusconiano» comincia a circolare nelle stanze dei bottoni, ora è il momento del sorriso e dell'invettiva, del ragionamento e del coup de théâtre, dell'orgogliosa rivendicazione della storia e dell'identità, dell'adunata dei «servi liberi e forti» di ferrariano conio. Ribaltamento del senso e sberleffo supremo a quelli che praticano il feudalesimo intellettuale e pretendono di applicarlo anche a noi. E se il Cav non si sveglia, pazienza, perché c'è lo stesso un Belpaese che non dorme e sa che è propria questa l'ora migliore per continuare a ribaltare le architetture ideali dei furfanti del politicamente corretto e la dissacrazione dei totem del Progresso Imminente. Se il Cav non si sveglia, noi ci proviamo lo stesso mercoledì prossimo a Roma, al Teatro Capranica, a dirgli che scorrono i titoli di coda ma non è troppo tardi per cambiare sceneggiatura e far finire la torta in faccia a chi ha vinto troppo presto.