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Alfano segretario. Così riparte il Pdl

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano all'ufficio di presidenza del Pdl

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«Abbiamo pagato dazio perché siamo al governo» ha detto il Cavaliere. Ora si ricomincia: «Il Pdl è un grande partito, siamo ancora determinanti e i sondaggi ci danno 4 punti sopra al Pd». Entro giugno sarà convocato il Consiglio nazionale del partito che dovrà modificare lo statuto per introdurre la nuova figura del coordinatore unico. Poi Alfano lascerà il ministero della Giustizia, che potrebbe essere assegnato a Elio Vito, attualmente responsabile dei Rapporti con il Parlamento, o a Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera. La scelta di Berlusconi è stata convinta e ha lasciato qualche mal di pancia negli ex aennini, che escono ridimensionati: «Alfano è giovane e ben voluto da tutti, farà bene e favorirà il rilancio del Pdl» avrebbe spiegato nella riunione. Alfano, quarantuno anni da compiere il prossimo 31 ottobre, più giovane ministro della Giustizia della storia italiana, conquista il plauso dei colleghi. Il premier ha criticato anche il Pd: «Fa festa, ma è patetico perché i candidati che hanno vinto le elezioni non gli appartengono». Poi se l'è presa con le puntate di Annozero di Santoro: «Trasmissioni micidiali che hanno dato una visione distorta della realtà di Milano e delle città in cui si votava». E ha aggiunto: «Ci impegneremo in Parlamento affinché questo non possa più accadere». Ma la «cura» di Berlusconi per il Pdl passa anche per riunioni tematiche. L'ufficio di presidenza sarà convocato spesso: «Ci riuniremo almeno una volta a settimana, da qui a fine giugno, per mettere a punto le nostre condotte sui temi importanti che saranno oggetto dell'azione di governo». Nella prima riunione sarà discussa la riforma del fisco. Berlusconi vuole ripartire dall'economia: rende merito a Tremonti per avere tenuto i conti in ordine ma è ora di «allentare un pò i cordoni della borsa». Il premier ha negato che ci siano divisioni nel Pdl. Ha riconosciuto che «abbiamo dato la possibilità a molti media di avere un'immagine di divisioni, ma ho visto che si diceva che il Pdl è un partito pronto all'implosione: niente di più lontano dal vero. Non ho mai avuto dubbi sull'unità del partito». E il premier spiega che la fase della divisione 70-30 tra ex Fi e An all'interno del Pdl «è superata, abbiamo deciso che ciascuno deve stare dentro il partito con pari diritti». Insomma, si riparte. Alfano ha suonato la carica: «Il Pdl ha compiuto il suo processo di amalgama e ha deciso di avere un solo coordinatore: siamo un partito maturo in grado di innovare senza decapitare e il nostro obiettivo è vincere le politiche del 2013». Certo «non sarà facile - ha aggiunto - ma chi ritiene di avere la vittoria in tasca si illude. La sinistra avendo vinto due città sta festeggiando e chiede le dimissioni del governo, è come se una squadra di calcio che è in vantaggio al 60esimo minuto dica che la partita è finita senza aspettare il 90esimo. Siamo in grado di andare avanti - ha concluso Alfano - con un percorso di riforme e di affidabilità; ci sono i fondamentali per superare questa fase». Ma chi sarà il candidato premier nel 2013? Berlusconi o Alfano? «Questo è qualcosa che si dovrà decidere e non c'è possibilità ora di dare una risposta», ha detto il presidente del Consiglio che sui referendum ha assicurato: «Daremo libertà di voto». Infine, la riforma della giustizia, che «rimane in campo». Una vaga apertura alle primarie «ci potrebbero aiutare per riavvicinare i cittadini e coinvolgerli», ha detto Berlusconi. Ancora nessuna indicazione, invece, sul successore di Alfano: «Abbiamo esaminato i possibili candidati ma non è questo il momento di fare i nomi» mentre sarà scelto presto il ministro per le Politiche comunitarie: «Faremo anche questo». Dal canto suo, Alfano ha confermato che si dimetterà «perché ritengo che il ruolo di Guardasigilli sia incompatibile con altri incarichi». Tuttavia, prima di andarsene porterà a termine due cose: «il decreto sul codice antimafia e la semplificazione dei riti del processo». Alla conferenza stampa a Palazzo Grazioli non è mancata nemmeno la contestazione al premier. Il leader del Popolo Viola, Gianfranco Mascia, tra i banchi del parlamentino con i giornalisti, ha preso la parola e ha cominciato a urlare al Cavaliere che si doveva vergognare e che doveva farsi processare. «Sarai spazzato via dai referendum» ha aggiunto. Poi è stato portato fuori dalla sala.

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