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Il richiamo alle riforme. Ma niente strappi col governo

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.Le ultime per il Governatore chiamato a prendere in mano le redini della Banca Centrale Europea al posto dell'attuale presidente Jean Claude Trichet. Nella prassi il numero uno di Palazzo Koch attende sempre l'ultimo momento per dare il via libera definitivo alla stampa della relazione. Una prassi necessaria a limare il testo con le novità dell'ultima ora, rispettata anche questa volta. «E per buone ragioni» sussurrano dai corridoi del Palazzo di Via Nazionale. I risultati elettorali hanno certificato una battuta d'arresto per il governo. Un fatto che non può certo essere ignorato tra le righe di quello che è considerata la bussola della politica economica italiana. Dunque sì all'immancabile richiamo alle riforme strutturali da mettere in cantiere per aumentare la produttività del sistema Paese e per creare spazio ai giovani, sempre più marginalizzati dalla crisi. Ma niente frusta o allusioni al vetriolo verso l'esecutivo. Cautela, spiegano fonti di Bankitalia. Inutile infierire in un momento così delicato per i mercati finanziari, con l'euro sotto attacco e con gli speculatori alle porte di Roma. Draghi parla per l'ultima volta al gotha bancario italiano, e di riflesso ai decisori politici. Poi partirà verso la Eurotower. Oggi non ha alcun bisogno di rimarcare la tenzone che per lungo tempo lo ha contrapposto al ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Visioni diverse. Lui Draghi fine economista, uomo di numeri, Tremonti giurista. Inevitabile lo scontro. Oggi non più funzionale. Il Paese ha bisogno di sistema, di pensare a strategie di rilancio collettive. Draghi a Francoforte e Tremonti a Via XX settembre o, altra ipotesi a Palazzo Chigi, hanno un imperativo categorico: lavorare insieme, nel solco delle rispettive competenze, per proteggere l'Italia. Dunque non mancherà l'invito a praticare riforme strutturali e quindi per aumentare la propensione all'innovazione, accrescere i tassi di occupazione, favorire l'autonomia energetica. Ma tutto senza code polemiche. Draghi non ha alcun interesse a mettere sotto processo l'esecutivo che oggi sarà ancora sotto choc per i risultati elettorali. Partito lui si apre la corsa alla successione. Le cose sembrano incanalate per la promozione interna dell'attuale direttore generale, Fabrizio Saccomanni. Ma è un tutto contro tutti, confessano i ben informati. E se l'esito delle urne mettesse il pallino nelle mani di Tremonti, allora il disegno di far arrivare Grilli a Via Nazionale non sarebbe più peregrino. E consentirebbe anche la sistemazione di una tessera importante del risiko. Il membro del board Bce, Bini Smaghi, costretto a lasciare il suo incarico potrebbe planare alla direzione generale del Tesoro. Comunque vada si chiude così l'era di Draghi alla Banca d'Italia. Che sotto la sua guida ha ritrovato smalto e dignità istituzionale. Forse gli resterà solo un rimpianto. La frattura con i suoi dipendenti ai quali ha chiesto sacrifici economici. Le loro proposte sono rimaste lettera morta. E ieri per protesta hanno restituito l'invito alle Considerazioni finali al mittente.

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