E' iniziata la grande corsa

E ora che succede? Troppo facile e semplicistico liquidare tutto dicendo che si tratta solo di amministrative, che le politiche sono ben altra cosa. L'esito del voto è stato troppo marcato per non attivare i pronostici, per non indurre l'interrogativo su quello che potrebbe accadere. Di certo dopo questi dati nulla sarà come prima. Le dimissioni del coordinatore del Pdl Sandro Bondi lo dicono chiaramente. Ma quali scenari si aprono? La questione dell'eredità di Berlusconi torna prepotentemente di attualità. Chi è destinato a raccogliere quel patrimonio di consensi, di storia, di alleanze, di accreditamento anche internazionale che il premier prima con Forza Italia e dopo con il Pdl ha costruito? Non è solo una questione di nomi. In gioco c'è la forza attrattiva finora esercitata da Berlusconi, c'è un progetto che, al di là del risultato elettorale, resta comunque valido. Il progetto è quello di un programma tarato sul ceto moderato, sul popolo delle partite Iva che non si può certo riconoscere nella deriva estremista della sinistra. I nomi che rimbalzano dentro il Pdl sono pochi. Il primo che si fa è quello di Tremonti. Il ministro dell'Economia ha giocato la sua partita sul piano della credibilità internazionale mantenendosi defilato rispetto ai giochi interni al partito. Non è un caso che Berlusconi abbia fatto il suo nome come un possibile successore. Tremonti sarebbe in grado di arginare le spinte centrifughe della Lega che già scalpita rispetto all'alleanza con il Pdl. Il ministro inoltre riuscirebbe a tenere dritta la barra dell'economia in un momento difficile. Il Paese non cresce e l'occupazione non dà segni di miglioramento. Per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014 c'è bisogno di una manovra da oltre 40 miliardi di euro e solo Tremonti può farla digerire. Ma il ministro non gode di grandi simpatie all'interno del Pdl. Altra carta sul tavolo è quella di Angelino Alfano. Ha gestito il nodo della giustizia, è stato lodato più volte da Berlusconi ma non ha quella caratura internazionale di cui il Pdl ha bisogno per mantenere aperto il canale di credibilità all'estero tutta giocata sul fronte dell'economia. Il nome di Formigoni è spuntato più volte come possibile erede ma contro di lui gioca il radicamento essenzialmente al Nord e il rischio dello spostamento dell'asse del partito nel senso di una penalizzazione del Mezzogiorno, serbatoio di voti e zona economicamente fragile. Ma gli eredi non sono solo interni al partito. Montezemolo attende soltanto che qualcuno lo chiami, per scendere in campo. Ultimamente ha intensificato i messaggi sul sito della Fondazione Italia Futura chiedendo un ricambio nella politica e uomini in grado di essere un punto di riferimento per i moderati. Il presidente della Ferrari ha un profilo internazionale non solo per le vittorie della «rossa» ma per il suo passato come presidente della Fiat e della Confindustria. Recentemente anche la presidente degli industriali Emma Marcegaglia sembra essere tentata dalla politica. Nella relazione all'Assemblea annuale della Confindustria ha lanciato una frase sibillina su un ruolo degli imprenditori fuori dalle fabbriche. Un'autocandidatura subito smentita ma che ha scatenato comunque più di una illazione. Non c'è però solo una questione di eredi. Il problema è quello delle alleanze. Che farà la Lega? Al momento non ha messo in discussione il rapporto con il Pdl ma ha anche evidenziato che questa alleanza non porta più vantaggi al Carroccio. Anzi è la Lega a fare da stampella al Pdl. C'è anche il problema di come reagirà il mercato finanziario. Se lo smottamento elettorale si tradurrà in una perdita di appeal per i titoli di Stato. Questa sarà la prima verifica.