Bersani rilancia Prodi
Giuliano Pisapia è il nuovo sindaco di Milano. In piazza Duomo festeggia con il leader del suo partito Nichi Vendola. Luigi De Magistris è il nuovo sindaco di Napoli. Appena «incoronato» si presenta davanti a giornalisti e telecamere accompagnato da Antonio Di Pietro. Baci, abbracci e segni di vittoria. Basterebbero queste due immagini per cogliere il senso di una giornata che ha sancito la inequivocabile sconfitta di Silvio Berlusconi e del centrodestra. Perché Pier Luigi Bersani, segretario del principale partito di opposizione, non è né a Napoli, né a Milano. È a Roma, in piazza del Pantheon, dove festeggia con tutti i big del Partito Democratico e un ospite d'eccezione: Romano Prodi. Sia chiaro, in una competizione che vede due candidati in corsa, non esistono alibi: se uno perde, l'altro vince. Quindi Bersani ha tutte le ragioni per celebrare il successo. Ma l'impressione è che queste elezioni non consegnino al dibattito politico nazionale un Pd rafforzato. Tutt'altro. E quando il responsabile Enti locali del partito Davide Zoggia parla di risultati che vanno «oltre le più rosee aspettative», dimostra che ciò che è successo a Napoli e Milano è qualcosa che ha spiazzato anzitutto i Democratici. Non a caso le vittorie sono arrivate grazie a due candidati che il Pd ha subito. Due candidati che, probabilmente, devono il loro successo anche alla capacità di svincolarsi dai partiti di appartenenza presentandosi come qualcosa di assolutamente «nuovo». Bersani e i suoi li hanno sostenuti (De Magistris in seconda battuta), hanno fatto campagna elettorale senza risparmiarsi, ma non hanno mai avuto in mano il «pallino del gioco». Un segnale poco incoraggiante che sancisce l'assoluta «dipendenza» del Pd dall'ala più radicale del centrosinistra (anche a Cagliari la vittoria è arrivata grazie al candidato di Sel Massimo Zedda) e lascia aperti una serie di dubbi sul futuro. Bersani prova a fugarli spiegando che siamo davanti a un «risultato travolgente» che è stato possibile anzitutto perché «tutti siamo riusciti a suonare lo stesso spartito». Quindi sottolinea come il voto rappresenti «una riscossa civile e morale che si è messa in moto» e assicura: «Il Pd è pronto a mettersi al servizio della costruzione di un nuovo centrosinistra che faccia una proposta al Paese», che rappresenti «l'alternativa» ma che «terrà le porte aperte» a quelle forze politiche che «vogliono guardare oltre il berlusconismo». Al premier fa una sola richiesta: si dimetta, non «impedisca l'apertura di una fase nuova». Insomma Bersani sogna finalmente le urne («Abbiamo visto che si può vincere») anche se sa che non sarà un percorso semplice e immediato. Per questo rinnova la richiesta di una «nuova legge elettorale» che potrebbe essere approvata con il contributo decisivo della Lega. «Ma avete visto cose è successo? - dice rivolgendosi al Carroccio - Non potete più tenere il piede in due staffe». Nel frattempo il segretario fissa i suoi obiettivi: lavorare per un programma di governo e per un partito più forte da mettere al centro di un centrosinistra di governo. «Il vento cambia» recita il manifesto che il Pd ha preparato per l'occasione. «Cambierà» dice la canzone di Neffa che gli altoparlanti trasmettono in tutta la piazza. La piazza in cui, tra le bandiere sventolanti, fanno capolino le facce dei Verdi Paolo Cento e Grazia Francescato, dell'ex segretario di Rifondazione Franco Giordano. Sul palco Prodi, Bersani, Rosy Bindi, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro si abbracciano. Dietro si vedono Massimo D'Alema e Veltroni. E la memoria vola al 2006 e al palco di piazza Santi Apostoli con l'Unione a festeggiare la vittoria alle elezioni Politiche. Cambierà?