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"I pm sono patologia. L'ho detto ai leader"

Silvio Berlusconi

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La prossima preoccupazione si chiama Mondadori. Silvio Berlusconi se lo lascia scappare nel bel mezzo della conferenza stampa conclusiva del G8. La settimana prossima potrebbe arrivare la sentenza che deciderà il futuro della casa editrice. Berlusconi potrebbe perderla o essere costretto a pagare un indennizzo enorme che metterebbe in seria difficoltà il suo gruppo editoriale. Dice il Cavaliere: «È fondamentale che si sappia non solo a quale persecuzione sono stato e vengo sottoposto ma qual è oggi il tentativo di aggredirmi sul piano patrimoniale, con una sentenza fuori da ogni logica se non quella di colpirmi per favorire un avversario politico». Il suo avversario politico, anche se non lo nomina, non è Bersani. Non è Vendola. Non è Di Pietro. Ma è Carlo De Benedetti, il quale ha chiesto un risarcimento di 750 milioni di euro per il lodo Mondadori. Berlusconi è preoccupato. Un timore che si somma alla sensazione che lo sputtanamento globale a cui è stato sottoposto per effetto delle inchieste giudiziarie possa aver fatto breccia nella considerazione dei leader mondiali. Di qui il colloquio con Obama rubato da una telecamera due giorni fa. Di qui la necessità di spiegare ai Grandi che lui sta subendo una persecuzione di natura politica e l'esigenza di spiegare come in Italia la giustizia sia una «patologia della democrazia». Il tutto condito con un «vergognatevi!», rivolto alla stampa italiana per aver diffuso le accuse nei suoi confronti senza aver controllato la loro falsità. Berlusconi rilancia. Rivendica il diritto a difendersi «perché è un mio preciso dovere istituzionale, ogni volta che incontro capi di Stato e di governo, spiegare loro quale sia la situazione in Italia, su vicende che potrebbero minare la credibilità di chi rappresenta il Paese». Quindi parte l'affondo: «Non è più tollerabile la situazione di interferenza di alcuni pm, che rivolgono a chi è eletto democraticamente accuse false che, mai, mai hanno retto al vaglio della magistratura giudicante». E non è finita. «Ho garantito qui ai miei colleghi - insiste il capo del governo - che con la mia nuova maggioranza potrò fare la riforma della giustizia. E non abbandonerò la politica fin quando in Italia non ci sarà una giustizia giusta e giudici che giudicano secondo il merito e non secondo il fatto che l'imputato sia amico o nemico». Racconta poi: «Quello che leggo sulla stampa sul distacco di Obama e anche di altri su di me è totalmente falso. C'è stata invece grandissima cordialità, grande rispetto, amicizia, sostegno». «È doveroso spiegare - evidenzia ancora Berlusconi - questa situazione a chi all'estero non riesce a comprenderla perché travisata da certa informazione, che anziché narrare i fatti tende a delegittimare le istituzioni del nostro Paese». Per questo, la sua non è una difesa personale. No, è invece una legittima «difesa della istituzione del presidente del Consiglio, che rappresenta l'Italia e deve avere un prestigio non diminuito dalle notizie che all'estero arrivano solo per accuse che poi si rivelano infondate». Poi lascia Deuville e piomba a Napoli per la chiusura della campagna elettorale. E assicura: «Il voto di Napoli non avrà ripercussioni sul governo. Lo escludo nel modo più categorico. Pochi giorni fa per l'ennesima volta abbiamo ottenuto la fiducia alla Camera con una maggioranza che dopo la diaspora di Fini e Casini è numericamente inferiore ma politicamente più coesa. Il governo nei prossimi due anni realizzerà le riforme». E su Napoli ribadisce che è pronto «un provvedimento per fermare gli abbattimenti fino alla fine dell'anno». Gli risponde Bossi da Varese, anche lui in giro per comizi elettorali. «È difficile dare torto a Berlusconi, ha avuto tanti danni, certo però che la gente poi non lo segue, perché chiede anche cose concrete come i posti di lavoro. Ma se parla solo di magistrati non ci guadagna».

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