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La vendetta di Al Qaeda colpisce gli italiani

Il V 90 dell'esercito italiano fatto saltare in aria in Libano

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La vendetta di Al Qaeda ha colpito anche gli italiani. Una bomba, comandata a distanza, è stata fatta esplodere contro un convoglio militare italiano in Libano. Sei soldati feriti, quattro campani e due pugliesi della Brigata Aosta, da poco nella missione Unifil. Le prime notizie diffuse dalle Tv satellitari arabe, Al Arabya e Al Jazeera, parlavano di vittime tra i caschi blu italiani, e gli internauti dei forum jihadisti hanno subito esultato per l'attentato: «È stata presa di mira un'unità italiana, che vadano all'inferno e ci restino per sempre. O adoratori della croce, questo è solo l'inizio». Altri post sono stati inseriti nel sito «Al Shumukh» da persone che hanno assistito all'attentato tanto da riferire particolari in presa diretta. L'agguato è scattato nel primo pomeriggio nei pressi di Sidone, la città a sud di Beirut che segna il confine della presenza Unifil. La bomba, comandata a distanza, era posizionata dietro un guard rail, sulla strada litoranea che da Sidone porta a Naqura, sede del comando Unifil. Nei pressi di Remaily, un sobborgo nella zona dello stadio, i quattro veicoli italiani, V 90, avanzavano a velocità sostenuta quando l'ultimo mezzo è stato investito dall'esplosione. Due dei nostri soldati, coperti di sangue, sono riusciti a uscire dal mezzo devastato dalla bomba e ad aiutare i compagni in condizioni più gravi. I soccorsi sono scattati immediatamente: a duecento metri c'era un check point delle forze di sicurezza libanesi. I sei militari feriti sono stati trasportati all'ospedale «Hammud»: le loro condizioni non sono gravi. Uno di loro è stato colpito alla carotide, ma la ferita è stata suturata senza problemi. Per un altro c'è il rischio che perda un occhio. Nessuno è in pericolo di vita. Secondo la televisione Hezbollah, Al manar, nell'attentato sono rimasti coinvolti anche due civili, pure loro feriti in modo lieve. Immediata la condanna del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: «L'agguato - ha detto - è ancora più deplorevole perché è avvenuto nel corso della Giornata internazionale dei peacekeepers». Le Nazioni Unite, ha sottolineato Ban, «collaboreranno con le autorità libanesi perché vi sia un'indagine approfondita sull'attacco e i responsabili ne rispondano di fronte alla giustizia». Chi ci sia dietro l'agguato resta ancora nell'ombra. A parte i messaggi sui siti jihadisti non c'è stata una vera e propria rivendicazione dell'attentato che per molti è una vendetta di Al Qaeda per l'uccisione di Osama Bin Laden. Ma il Libano apre anche altri scenari. «L'attacco contro i caschi blu italiani nel sud del Libano è un chiaro messaggio alla comunità internazionale, in particolare all'Europa, per scoraggiare ulteriori condanne del regime siriano di Bashar al-Assad», è la convinzione del gruppo «14 Marzo», blocco politico antisiriano formatosi all'indomani dell'omicidio di Rafik Hariri, secondo il quale l'attentato «non riguarda la situazione in Libano quanto piuttosto quello che sta accadendo in Siria». Eppure tra i primi a condannare l'attentato sono stati gli Hezbollah, amici della Siria e del regime di Assad. Hezbollah ha fatto presente di non avere sotto controllo l'area nella quale è avvenuto l'attentato. «L'Italia - hanno aggiunto gli esponenti del movimento - ha contribuito alla pace e alla stabilità nel sud, e ha protetto i cittadini che vi vivono». Nella zona di Sidone è presente un campo profughi palestinese, Ain al Hilweh, da sempre vicino alle posizioni salafite e legato ad Al Qaeda. In questa stessa zona il 1 agosto 2008 fu compiuto un attentato dinamitardo contro i caschi blu irlandesi. L'Italia partecipa alla missione Unifil II con un contingente militare che, compresa la componente navale, vede schierati 1.780 militari ed è denominata in ambito nazionale Operazione Leonte. La Brigata Meccanizzata «Aosta», comandata dal Generale di Brigata Gualtiero Mario De Cicco è subentrata il 9 maggio alla Brigata Pozzuolo del Friuli. Il compito principale è garantire stabilità e sicurezza tra il fiume Litani e la «Blue Line», il confine con Israele.

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