Il Cav a Obama: una dittatura dei giudici
Si sfoga Silvio Berlusconi. Proprio qualche istante prima che inizi il G8 di Deuville in Normandia, il premier italiano si sofferma a chiacchierare con Barack Obama. Una telecamera li riprende, i microfoni sono accesi e si riescono a carpire un paio di frasi. Il premier va a salutare il presidente Usa, questi scatta in piedi come gesto di cortesia. Si sente il capo del governo italiano dire: «Noi abbiamo presentato una riforma della giustizia che per noi è fondamentale, in Italia abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra». Punto, il resto del colloquio rimane solo alle loro orecchie. E a quelle dell'interprete visto che Berlusconi con Obama parla in italiano e si fa coadiuvare da una collaboratrice. Un fatto per lui inconsueto visto che il presidente del Consiglio parla un inglese non impeccabile ma sicuramente fluently. Forse voleva fare attenzione alle parole che pronunciava. Aveva il timore di non essere compreso o di non spiegarsi al meglio. Quel che è chiaro è che Berlusconi sente che le inchieste giudiziarie prima e i processi ora su bunga bunga o su presunti episodi di corruzione lo hanno fiaccato. In particolare nell'immagine. Soprattutto all'estero. Il Cav teme la delegittimazione di fronte ai suoi colleghi esteri. La sfuriata fuori dai confini nazionali non è una novità. Il caso più clamoroso è quello del 10 dicembre 2009, al congresso del Ppe di Bonn. In quell'occasione, mentre le Merkel invitava a combattere la crisi preoccupandosi del risparmio energetico, il Cavaliere si lasciò andare a un duro atto di accusa molto simile a quello di ieri: «La sovranità in Italia è passata dal Parlamento al partito dei giudici». E spiegò come nel nostro Paese «succede un fatto particolare, di transizione, a cui dobbiamo rimediare. E cioè: la Costituzione italiana dice che la sovranità appartiene al popolo, è il popolo che vota ed è il Parlamento che fa le leggi, ma se queste leggi non piacciono al partito dei giudici della sinistra questo si rivolge alla Corte Costituzionale che ha undici componenti su quindici che appartengono alla sinistra. Di questi, cinque sono di sinistra in quanto di nomina del presidente della Repubblica e noi abbiamo avuto purtroppo tre presidenti della Repubblica consecutivi tutti di sinistra. Quindi - disse ancora - da organo di garanzia la Corte costituzionale si è trasformata in organo politico che abroga le leggi decise dal Parlamento. Quindi la sovranità oggi in Italia è passata dal Parlamento al partito dei giudici». Quindi ammonì: «Una situazione transitoria visto che stiamo lavorando per cambiarla, anche attraverso una riforma della Costituzione». Due mesi prima la Consulta aveva bocciato il lodo Alfano. Pochi giorni dopo il Cavaliere fu colpito da una statuetta scagliatagli contro in piazza Duomo a Milano. Lo «sputtamento» estero è stato un timore costante. Tanto che più volte il ministero degli Esteri o le nostre ambasciate hanno indirizzato note o comunicati a giornalisti o politici. Proprio dopo quella sfuriata a Bonn nelle cassette postali di tutte le cancellerie europee arrivò una lettera firmata da Franco Frattini sulle «anomalie» del sistema giustizia in Italia, dove operano alcuni giudici che, sottolineò il titolare della Farnesina, fanno cose «inimmaginabili» in altri Paesi dell'Unione. Frattini, nell'annunciare i contenuti della lettera, tenne a spiegare: «Dirò che ci sono magistrati che vanno in piazza o che partecipano ai talk show televisivi esprimendo pareri preventivi e condizionando così il Parlamento su una legge che ancora non è stata adottata». Con un chiaro riferimento al processo breve. Stavolta la sortita di Berlusconi sembra avere valore preventivo. Martedì prossimo riprenderà il processo Ruby, in cui il premier è imputato di concussione e prostituzione minorile. Quel giorno non si presenterà in aula la ragazza marocchina. Ma a breve saranno chiamate a testimoniare le ragazze che frequentavano la villa di Arcore. Comincerà così la sfilata delle Olgettine e per l'immagine del Cavaliere saranno altri dolori. Nuovi dolori.