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Auto blu (Foto GMT)

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Sono tante, quasi sicuramente troppe. Di certo basta nominarle per far andare su tutte le furie il cittadino italiano. Sono le auto blu, uno status symbol per chi si trova ad amministrare la cosa pubblica, un inutile privilegio per chi osserva dall'esterno. Negli ultimi anni sono state oggetto di una vera e propria «caccia». Anche perché notizie più o meno verificate parlavano di un parco auto di oltre 600.000 unità. Con costi esorbitanti. Così il ministero per la Pubblica amministrazione e l'innovazione guidato da Renato Brunetta ha deciso di dedicare al tema «auto blu» un intero allegato dell'ultima Relazione sullo stato della pubblica amministrazione depositata in Parlamento lo scorso ottobre. Secondo il monitoraggio, iniziato nel maggio 2010, le auto a disposizione delle amministrazioni centrali e locali sarebbero circa 86mila. Dati che, spiega la relazione, escludono però «le autovetture con targhe speciali, quelle adibite a servizi specifici e a scopi di sicurezza» che non sono state rilevate. Nello specifico ministeri, agenzie, università ed enti pubblici possono contare su circa 3.000 auto "blu-blu", 5.500 "blu" e un numero molto limitato di "grigie" (1.500). Diversa la situazione nelle amministrazioni regionali e locali: circa 70mila "grigie", 2.000 "blu-blu" e 4.000 "blu". Per meglio orientarsi vale la pena di spiegare la «differenza cromatica» tra le vetture: le "blu-blu" sono quelle riservate ad «autorità, alte cariche dello Stato, vertici politici di Regioni e amministrazioni locali»; le "blu" sono quelle con autista in uso esclusivo e non esclusivo «all'alta dirigenza delle amministrazioni centrali, degli enti pubblici, delle Regioni e degli enti locali e degli uffici di diretta collaborazione delle cariche politiche»; le "grigie", infine, vengono «utilizzate dalle amministrazioni per lo svolgimento del lavoro d'ufficio e l'erogazione dei servizi». Ebbene pochi sanno che queste macchine, la marca è indifferente, consumano praticamente quanto i bolidi che sfrecciano in Formula 1. Per verificarlo basta armarsi di una calcolatrice e di buona volontà. La Relazione, infatti, tra le varie tabelle indica anche la media di chilometri percorsi nel 2009 e i costi di gestione di ciascuna autovettura. Prendiamo per comodità i dati relativi alle sole amministrazioni locali che, come spiega la relazione, obbligano amministratori e dirigenti ad una «maggiore mobilità» rispetto a quelle centrali. Nel 2009 un'auto "blu-blu" ha percorso circa 22.000 chilometri, una "blu" 14mila, una grigia 8.500. I dati relativi ai consumi parlano di 11.500 euro per le "blu-blu", 5.800 per le "blu", 2.900 per le "grigie". Questo significa che le prime hanno bisogno di 52 euro di carburante ogni 100 chilometri percorsi, che scendono a 41 per le seconde e a 34 per la terza categoria. Che tenendo conto dei prezzi di benzina e gasolio in quell'anno producono cifre piuttoso impressionanti: intorno ai 3 km al litro per le auto "blu-blu" a benzina, circa 4 per quelle a gasolio. Le auto di Formula 1 si aggirano sui 2-2,5 km al litro. Sarebbe interessante capire come è possibile che macchine che vengono usate prevalentemente su percorsi urbani (quindi con velocità contenute) consumino quanto bolidi che superano i 350 chilometri orari. Ma il problema esiste e, paradossalmente, esiste già una soluzione. L'idea è della Corte dei Conti ma il Cnel l'ha sviluppata e messa a regime (il nuovo Segretario Generale Franco Massi viene proprio da via Baiamonti ndr). Si tratta del classico "uovo di Colombo": contratti di noleggio a lungo termine con formula che comprende, oltre a servizi tipici come assicurazione e manutenzione, anche una quota prefissata di carburante che viene stabilita prendendo come parametro di riferimento il consumo in ciclo urbano dichiarato sul libretto di circolazione. Una soluzione che consente notevoli risparmi - i costi oggi si aggirano intorno ai 2 miliardi di euro - senza modificare i livelli del servizio. Certo, almeno che i diretti interessati non preferiscano continuare a correre in Formula 1.

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