La Lega gioca a Ministeropoli
Altro che Monopoli. I leghisti ora vogliono giocare a Ministeropoli. Messo in soffitta il gioco in scatola più famoso del mondo, i fedeli dell'Umberto hanno deciso di ammodernarsi. Che noia continuare a costruire case e alberghi in vicolo Corto o in Piazza della Vittoria. Bisogna stare al passo con i tempi e così, dopo due giorni dalla boutade del Senatùr di portare due ministeri al Nord, i Lumbard hanno deciso di scendere in campo. E così mentre Pdl e opposizione alzano le barricate, apostrofando l'idea dei nordisti con i peggiori epiteti, i sostenitori del partito del Sole delle Alpi tengono il punto. Scopo? Riuscire a portare a casa più ministeri possibili. Una battaglia all'ultimo dicastero che vede scendere in trincea come avversari gli stessi leghisti. Da una parte i piemontesi comandati dal governatore Roberto Cota che spererebbe di conquistare per Torino il ministero del Lavoro o dell'Industria. Dall'altra i leghisti fiorentini che, per non essere da meno, si preparano a partire dal «Via». Un piccolo gruppo sostenuto da Marco Cordone, capogruppo del Carroccio nel consiglio provinciale di Firenze, che ha dimostrato, già dal primo tiro di dadi, la propria determinazione a voler partecipare alla spartizione: «Portiamo nel capoluogo toscano il dicastero dei Beni culturali». Logicamente nessuno ha intenzione di sborsare un solo quattrino per riuscire a coronare il suo sogno, e allora ecco che la strategia è quella di mettere sul piatto della bilancia le migliori credenziali per vincere la sfida. E Cota in questo è stato un maestro: «Anche Torino dovrebbe avere un ministero. Abbiamo le carte in regola. Personalmente intendo avanzare la richiesta per Torino a Bossi e ai vertici del Carroccio perché questo sarebbe il modo per riconoscere la nostra storia produttiva e generare un piano economico». Un ottimo curriculum al quale il governatore vuole aggiungere anche dei particolari tecnici come, ad esempio, la logistica: «Torino ha tanti immobili che potrebbero ospitare questo tipo di istituzione». Non vogliono essere da meno i colleghi fiorentini. E così Cordone, dopo gli obbligatori salamelecchi ai giudici di gara («Quella di Umberto Bossi e di Roberto Calderoli è una proposta molto sensata che porterebbe vantaggi a tutto il Paese»), difende la candidatura della sua città ad ospitare il dicastero dei Beni culturali: «Firenze è riconosciuta come la capitale italiana della cultura, (non per niente il Ministero dei Beni culturali fu ideato da un politico fiorentino, Giovanni Spadolini). Tra l'altro nella nostra città non mancherebbero sedi prestigiose ove poter ospitare il ministero e questa proposta, se andasse in porto, potrebbe servire a rilanciare la Capitale della Toscana, offrendo anche innumerevoli possibilità di lavoro ai tanti operatori del settore. Decentrare alcuni ministeri non può che far bene all'Unità d'Italia, con la riorganizzazione dello Stato in senso federale». Come non farsi commuovere dopo un elogio di questo tipo dove, addirittura, un leghista è riuscito a invocare l'Unità d'Italia? Impossibile. E infatti una spalla in questo potrebbe arrivargli proprio dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli che, nel biglietto d'auguri spedito ai suoi sostenitori lo scorso Natale, aveva collocato proprio a Firenze quel dicastero. Sostegno che potrebbe non arrivare al governatore del Piemonte al quale Calderoli aveva pensato di «affidare» il ministero dei Trasporti destinando, invece, il Lavoro alla Puglia e l'Industria al Veneto. Eppure mentre la Lega si diverte con Ministeropoli, il resto dell'agone politico si sta preparando a muovere i propri carriarmati. E in questo ipotetico Risiko l'obiettivo è comune a tutti: annientare le armate verdi. L'Idv di Di Pietro è già pronto a combattere al grido di «basta marchette elettorali». A coprirgli le spalle il democratico Latorre che, con il suo sfogo( «becera propaganda»), serve un assist al sottosegretario Miccichè («l'idea di trasferirli è una stupidità») e alla governatrice Polverini («proposta inaccettabile»). E, per non privare gli elettori di un sorriso durante una campagna elettorale che assomiglia molto a una guerra civile, scende in campo il democratico, ex Udc, Marco Follini: «Visto l'andazzo, la maggioranza potrebbe proporre di trasferire a Milano anche il Colosseo. Berlusconi e Bossi porterebbero i leoni e i gladiatori. I cristiani, si intende, li porterebbe Pisapia». Ormai, tutto è diventato lecito, e Bossi questo lo sa bene. Lui se ne frega e con una pernacchia si butta ogni cosa dietro le spalle.