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Bossi al Monopoli dei ministeri

Il leader della Lega Umberto Bossi

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Via i ministeri da Roma. L'Umberto non stava più nella pelle. L'annuncio doveva essere una sorpresa da svelare ai Lumbard assieme a Berlusconi, ma, a una settimana dal ballottaggio di Milano che vede la Moratti in svantaggio rispetto a Pisapia, Bossi ha deciso di rompere di vuotare il sacco: «Porteremo due ministeri a Milano. Doveva arrivare la Lega perché questo sogno si realizzasse», e forse è il momento giusto. Il tanto declamato cambio di strategia invocato dalla Lega per tornare a far vincere la Moratti nel capoluogo meneghino sembra aver compiuto il primo passo. Un preludio di quella che sarà la settimana più delicata per il centrodestra a tal punto che lo stesso Senatùr, in una sorta di mea culpa per lo scarso impegno della Lega durante la campagna elettorale milanese, ha voluto garantire che nei prossimi giorni si impegnerà in prima persona per sostenerla. L'eventualità che il centrodestra ceda lo scettro a Pisapia è troppo pericolosa e così Bossi incalza: «Se vince lui trasforma Milano in una zingaropoli. Vuole aumentare i campi rom e costruire la basilica musulmana più grande d'Europa. La Lega non può permettersi di lasciare andare Milano a scatafascio». Ecco quindi la svolta. Un'idea che già il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, aveva anticipato ieri rilasciando un'intervista alla Padania assieme alla riforma del fisco e delle istituzioni, con la creazione del Senato federale e che ieri ha avuto conferma anche nelle parole del premier: «Con Bossi abbiamo pensato di continuare la nostra attività di governo, abbiamo pensato anche a qualche decentramento per alcune funzioni di governo». Eppure per il Carroccio questo è un vecchio cavallo di battaglia. Un chiodo fisso che ha fatto il suo exploit nel mondo leghista il 20 giugno dell'anno scorso. Era appena concluso il raduno di Pontida e proprio Bossi spiegò il significato della sua proposta: «È necessario spostare dalla Capitale i ministeri. Decentrarli significa anche spostare migliaia di posti di lavoro che adesso sono tutti a Roma». E poi aggiunse: «Decentramento significa distribuire i poteri della Capitale ad altre città come, per esempio, Torino, Milano e Venezia. Non più, quindi, una Capitale caput ma la Capitale su tutto il territorio, soprattutto nel nostro Paese, dove molte città hanno i requisiti per esserlo». E proprio su questa scia ecco che appena una settimana dopo, parlando da Ternate nel varesotto, il Senatùr entrò nello specifico: «Dobbiamo portare un ministero a Milano, quello delle Finanze. Poi quello dell'Industria a Torino e, per quello del Turismo, c'è Venezia». Un tarlo per Bossi a tal punto che, appena passata l'estate, tornò a riproporlo da Paesana, un piccolo paese della provincia di Cuneo. L'ennesima occasione durante la quale Bossi ha voluto paragonare la sua idea con quello che accade nel resto dell'Europa. In particolare riferendosi alla terra della Regina Elisabetta II: «Il progetto di spostare alcuni ministeri fuori da Roma lo hanno fatto in Inghilterra e non è morto nessuno, anzi è venuta un po' di democrazia in più». Poi l'apertura: «Faremo una battaglia per portare democraticamente dei ministeri dappertutto, dal Sud al Nord». Ma è il ministro Calderoli che, più di altri, ha dimostrato determinazione nel perseguire lo scopo tanto che, proprio in occasione dello scorso Natale inviò un biglietto d'auguri ai suoi fedelissimi dove dislocava i vari ministeri in tutta Italia. Il tutto corredato da un invito quanto mai singolare: «Caro Gesù Bambino, per Natale vorrei in regalo l'approvazione del federalismo fiscale e per l'anno nuovo vorrei vedere tanti ministeri in Padania». Eppure sull'idea di trasferire alcuni ministeri in Padania (e uno forse a Napoli) è tornata ad accendersi la polemica e a farsi sentire sono soprattutto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e la governatrice del Lazio, Renata Polverini. «Balle fatte per speculazione elettorale» è stato il duro commento del primo cittadino della Capitale assicurando che sul punto il Pdl è d'accordo con lui: «Possono fare tutti gli annunci e i lanci che vogliono ma - ha sottolineato - Roma è Capitale, secondo Costituzione, e i ministeri e tutte le agenzie che hanno sede a Roma non si spostano e non si possono spostare». Critiche alle quali si è unita anche la Polverini che ha parlato di «proposta insensata». "La Lega - ha detto - insiste su un falso problema. Capisca piuttosto che in questo momento, anche alla luce dei risultati elettorali, non serve ed è solo dannosa questa politica di divisione del Paese». Cosa ancora più singolare è che non solo l'opposizione si è schierata contro l'ipotesi di far traslocare i ministeri, am anche molti esponenti del Pdl. E così se il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, ha calcato sull'«aggravio della spesa pubblica» conseguente allo spostamento e il deputato del Pd Enrico Gasbarra ha ironizzato «è vero che a Berlusconi piace raccontare barzellette ma ormai siamo al tragicomico», é il Pdl che si prepara alla rappresaglia. Il sottosegretario Andrea Augello ha bocciato l'idea dicendo di non credere che «esista un solo milanese a cui interessi veder trasferito nella propria città qualche ministero senza portafogli o altro ufficio pubblico» e il coordinatore a Roma del Pdl, Gianni Sammarco ha aggiunto: «Inconcepibile spostare i Ministeri dalla Capitale. Roma è la Capitale e il fulcro amministrativo non può scindersi».Dichiarazioni che non spaventano né Berlusconi ne tantomeno i leghisti. Infatti se da una parte il Cav ha ribadito che «con la Lega i rapporti sono i rapporti di sempre», dall'altra Calderoli si è tolto qualche sfizio: «L'idea di decentrare i ministeri è sacrosanta». E poi aggiunge: «Ai rappresentanti romani e laziali che oggi hanno sollevato perplessità, ricordo che è finito il tempo dei privilegi e, se un euro è destinato a Roma un euro deve andare anche a Milano a Napoli e in tutte le città d'Italia».

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