Bossi e Berlusconi ricuciono: "Nuovo progetto"
Un cambio di passo nel governo (il Senatur parla di "nuovo progetto", il Cavaliere di riforme) e nella campagna elettorale: nessun disimpegno, al contrario un'uscita in tandem. Ma lasciarsi alle spalle i risultati del primo turno non sarà facile, per questo serve una sterzata prima dell'impatto. Umberto Bossi ha avvertito Silvio Berlusconi: il governo è sul bordo dello strapiombo e bisogna correre ai ripari. Ma il Senatur ha anche assicurato il premier: la Lega è e resta leale, ma non ha nessuna intenzione di rimanere alla finestra e sottostare ai ricatti dei Responsabili. Ora però è il momento di marciare uniti per vincere i ballottaggi, tanto che il Cavaliere e il Senatur potrebbero fare una conferenza stampa congiunta (meno probabile un comizio insieme) a ridosso del voto di fine maggio. Se le cose non sono andate come previsto, se le aspettative sono rimaste deluse, è stato il ragionamento del leader del Carroccio nell'incontro con Berlusconi, è perché si sono sbagliate le mosse. A cominciare dall'innalzamento progressivo dei toni dello scontro politico, dall'aver incentrato tutta l'azione di governo dell'ultimo anno sulla giustizia, dall'aver accantonato le vere riforme. Dunque, presa alla lettera l'intenzione annunciata dal Cavaliere di voler procedere d'ora in avanti con maggiore collegialità e condivisione, la Lega fissa i suoi paletti e rivendica un ruolo di forza trainante della coalizione e dell'esecutivo. Anche attraverso la nomina di un vicepremier targato Lega, e c'è chi in ambienti parlamentari di maggioranza ipotizza quali candidati Giorgetti o gli stessi Maroni e Calderoli. Ma al momento, viene spiegato da fonti leghiste, il "nuovo progetto" di cui ha parlato oggi Bossi non ha ancora i contorni definiti, ne' forse nemmeno i contenuti (ad ammetterlo e' lo stesso Senatur: il nuovo progetto "non l'abbiamo ancora messo giù e dobbiamo sistemarlo"). Molto difficile infatti, si fa osservare, che si tratti eslusivamente del senato federale, riduzione dei parlamentari e decentramento dei ministeri, tutte riforme che plausibilmente non vedranno la luce entro la fine della legislatura. Cosi' come, ragionano le stesse fonti, quasi improbabile che si riesca a dare quella 'scossa' all'economia con i conti da tenere in ordine e i cordoni della borsa serrati. Il premier, riferiscono fonti del Pdl, ha condiviso con Bossi la necessità di dare una nuova spinta all'azione di governo, concentrando gli ultimi due anni di legislatura sulle riforme, anche se i "paletti" posti dal Senatur soprattutto sulla giustizia lo hanno - raccontano fonti Pdl - infastidito, ma Berlusconi sa che non è questo il momento di tirare la corda. E l'intero pacchetto resta "congelato" fino al voto. Entrambi, comunque, hanno convenuto sull'importanza di dare un segnale di ritrovata compattezza (ma c'è chi, da entrambe le parti, parla più semplicemente di "tregua elettorale"). Innanzitutto, è stato il ragionamento durante il faccia a faccia a cui hanno preso parte anche Calderoli e Tremonti, ora bisogna lavorare pancia a terra sui ballottaggi. E mostrarsi uniti, perché forse - e su questo sarebbero stati d'accordo sia il premier che il ministro delle Riforme - è stato un errore fare due campagne elettorali ben distinte e differenziate. Errore che non va commesso una seconda volta. Per questo, i due starebbero valutando l'ipotesi, si spiega, di una iniziativa da fare insieme. L'importante, si valuta nel Pdl, e' che sia Berlusconi che Bossi diano una risposta al chiaro segnale che è stato mandato dagli elettori alle amministrative. "Abbiamo il dovere - afferma un esponente di spicco del Pdl - di far capire al nostro popolo che il messaggio ci è arrivato ben chiaro, l'abbiamo colto". Ma dietro la decisione del Cavaliere di non restare defilato in questi 15 giorni (intenzione manifestata sino a ieri) c'è il timore che un suo mancato coinvolgimento in prima persona per i ballottaggi possa essere letto come un abbandonare la nave che sta affondando, un ammettere la sconfitta e dare già per persa la partita. Niente di più lontano, assicurano nella maggioranza, di quanto sta pensando ora il premier, sicuro che a Napoli Lettieri ce la farà, convinto che a Milano ci siano ancora i margini (anche se nel partito c'è chi dà una lettura piu' pessimistica: "il capo sa bene che Letizia non può farcela"). Il presidente del Consiglio riunisce nel pomeriggio i vertici del Pdl e studia le prossime mosse: tranquillizza sulla tenuta del governo, anche perché non ci sono alternative in campo, rassicura la Lega sui Responsabili, pensa a una serie di interviste per una campagna mediatica mirata su Milano e Napoli, sfoglia sondaggi per decidere assieme ai suoi collaboratori la strategia più efficace. Convinto che con Bossi lo strappo è stato ricucito, che la Lega non tradirà (l'incontro e' andato molto bene - racconterà ai partecipanti al vertice pomeridiano - tutto chiarito, si va avanti). Anche se i 'paletti', soprattutto sulla giustizia, posti dal Senatur lo hanno infastidito Almeno per il momento. Perché i timori sul dopo ballottaggio restano: il premier, con alcuni interlocutori, non ha nascosto la preoccupazione per le conseguenze di un esito negativo a Milano. A quel punto, non subito, ma il Carroccio - sarebbe stato il ragionamento - alzerà ancora di più la posta e iniziera' a preparare il dopo-Berlusconi. E il Cavaliere dovrà vedersela anche con i malumori interni al partito: dopo il voto - ragiona più di un esponente del Pdl - sarà inevitabile che Berlusconi ci dovrà mettere mano, magari rivoluzionando l'organigramma per arrivare a un coordinatore unico.