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Ora Luca scalda i motori

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Il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo

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L'esito delle amministrative suona come un canto delle sirene per Montezemolo. La difficoltà in cui si dibatte il Pdl, il prevalere delle forze estreme della sinistra, il fallimento del progetto di Fli, l'erosione di consensi della Lega, sono tutti fattori che potrebbero rappresentare la condizione ideale per la discesa in campo di un uomo, nuovo per la politica ma collaudato e di assoluto prestigio nel sistema Italia. In sostanza tutto sembra tirare per la giacca Montezemolo. La politica pare aver esaurito la forza prolifica come testimonia l'avventura di Fini e quindi per la maggioranza potrebbe non esserci altra soluzione, per rigenerarsi, che allargarsi ad altre forze. Montezemolo pare ultimamente sempre più tentato di scendere in campo con una lista. Un progetto che però non verrebbe a collocarsi nè a fianco del Pdl nè tantomeno a sostegno della sinistra. Una lista in grado di presentarsi come la casa dei moderati dove possono convergere pezzi di società civile, esponenti del mondo imprenditoriale e che raccolga consensi anche in quell'area sindacale riformista che ha preso e distanze dal radicalismo della Cgil e ha guidato la riforma delle relazioni sindacali. Intervistato dal New York Times Montezemolo non ha risparmiato critiche alla classe dirigente. «Oggi l'industria più grande dell'Italia è la politica, lo Stato è presente dappertutto, questo significa meno mercato, più corruzione e meno meritocrazia». Il presidente della Ferrari usa spesso una metafora sportiva per indicare come questa politica, pletorica e autoreferenziale, sia una zavorra per il paese. «Chiunque sia il pilota, con una macchina così costosa e pesante in futuro non si vince». Quanto a un suo possibile futuro politico sottolinea: «Non credo nel one man show, sono un uomo che ama lo spirito di squadra». E chiude dicendo: «Sono sposato alla Ferrari». Ieri sull'online del suo think tank, Italia Futura, è apparso un articolo a firma Carlo Calenda e Andrea Romano dal titolo evocativo: «Un'Italia di moderati in cerca di rappresentanza». Esordiscono così; poche righe che sembrano un manifesto programmatico. «Il primo turno delle elezioni amministrative certifica la crisi del bipolarismo. Le prossime elezioni politiche dimostreranno se sapremo superare questa transizione infinita che blocca il Paese. Ma perchè questo accada - scrivono Calenda e Romano - dovranno affermarsi innovazioni vere e significative nell'offerta politica che sappiano compattare un ampio fronte razionale e moderato». Nell'articolo dopo un esame di quello che è accaduto nelle grandi città a cominciare da Milano, del «rifiuto della militarizzazione del voto», «del rafforzamento della componente più estrema e giustizialista della sinistra» e non da ultimo della «crisi del berlusconismo da battaglia», ecco indicato il nuovo percorso. I due editorialisti scrivono che «il voto moderato non trova ancora un approdo chiaro in grado di farsi maggioranza». L'attacco alla politica è durissimo giacchè ha dimenticato i problemi gravi del Paese e ha dimenticato che lo «sfondamento al centro è dappertutto un fattore fondamentale per ancorare l'agenda ai bisogni e agli interessi concreti dei cittadini». L'esperienza di Tony Blair in Gran Bretagna, della Merkel in Germania e di Obama negli Stati Uniti dimostrano che si vince con il voto moderato. Non così è avvenuto in Italia dove, scrive Italia Futura, «i due grandi partiti moderati hanno ostinatamente cercato la radicalizzazione del confronto». L'alternativa a tutto questo, Italia Futura la vede in «un grande movimento popolare con l'ambizione e la forza per puntare alla conquista della leadership del Paese ricompattando il voto moderato, piuttosto che il modesto obiettivo di riesumare la politica dei due forni». E questo movimento ha la caratteristica di avere una visione della politica come «forza tranquilla, che metta al centro i temi della crescita e della solidarietà, e sia capace di rimettere in moto il Paese». Montezemolo anche se non ha sciolto il nodo di scendere in campo, ha intensificato ultimamente gli attacchi alla classe politica «assente» e perciò «incapace di affrontare i problemi veri». Il presidente della Ferrari porta in dote alle forze moderate, un indiscusso prestigio internazionale, un sistema di relazioni che attraversa i diversi settori della società civile. Ma soprattutto ha un fiuto indiscutibile per individuare le migliori energie come ha dimostrato con la squadra della Ferrari e quando era alla presidenza della Confindustria. Montezemolo è anche ben visto da quel sindacato moderato e concertativo che ha lavorato attivamente per creare un nuovo sistema di relazioni industriali e potrebbe quindi appoggiare un movimento di forze nuove. Anche nel mondo imprenditoriale si guarda con interesse a quello che farà Montezemolo e di sicuro c'è insofferenza per una politica percepita come vecchia e inadatta a rispondere alle esigenze del Paese. Lo scenario delineato dagli istituti di ricerca è preoccupante: il Pil non cresce, non si creano risorse per gli investimenti, non si ha il coraggio di fare scelte. Il movimento che Montezemolo potrebbe mettere in piedi si configurerebbe come un'opportunità per qualsiasi forza politica sappia coglierlo e sia pronta a tendere una mano. Un dialogo con lui sarebbe per Berlusconi una sfida capace di portare una svolta per il Pdl.

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