Inconsolabile Berlusconi

Depresso. Sì, depresso. Alla fine è l'aggettivo che usano più spesso gli uomini di Silvio Berlusconi per raccontare lo stato d'animo del capo. Al punto che alcuni di loro, dopo aver provato a rincuorarlo, hanno deciso di desistere e non chiamarlo più almeno fino a stamattina. E c'è poco da girare attorno al problema, tutto sommato dentro il partito del premier finiscono per ammetterlo anche i big: ha perso Berlusconi. E forse è la prima volta che la sconfitta è stata chiara, netta, senza appelli o giustificazioni. Ed è la prima volta che è così personale, pesa sul suo volto. Poi certo, Berlusconi da due giorni continua a ripetere le stesse cose. Che è colpa della Moratti, che è troppo dura, è antipatica, che ai milanesi non piace e che lui aveva provato a farle fare un passo indietro ma lei niente, cocciuta ha voluto andare avanti lo stesso. Poi ce l'ha con Cl, «rea» di non averlo sostenuto e di averlo lasciato da solo. Infine accusa tutto il mondo di averlo lasciato solo, di avergli fatto condurre la partita da solo. Lui, l'unico che c'ha messo la faccia. Finita questa litania, peraltro ripetuta all'infinito, il premier prova ad abbozzare qualcosa che assomigli a una strategia. Su Milano si sfoga, considera la partita persa, Milano andata alla sinistra. Non nutre alcuna speranza di poter rimettere a posto la situazione. Insomma, è intenzionato a disimpegnarsi dalla gara meneghina. Aspetta i sondaggi che Euromedia gli sta preparando e cercare nei numeri una disperata possibilità di rovesciare il risultato. Ma i report che gli sono arrivati nei giorni a ridosso del voto erano già sufficientemente evidenti. Ha chiesto a tutti di concentrarsi su Napoli. Se Gianni Lettieri dovesse vincere nel capoluogo partenopeo, almeno potrebbe mitigare la sconfitta di Milano. Ma anche all'ombra del Vesuvio la corsa sarebbe complicata, molto difficile anche per le divisioni interne del Pdl che in parte non hanno aiutato il candidato a sindaco. E per questo Berlusconi ha contattato alcuni rappresentanti di governo per chiedergli di non lesinare alcun impegno. L'unico che riesce a farlo ragionare un po' di politica è Claudio Scajola. Il quale insiste con spiegargli che è necessario riprendere l'azione di governo, ripartire dalle riforme. Quella del Fisco, tanto per cominciare. Il sogno del premier è una grande legge delega con l'obiettivo delle tre aliquote Irpef e cinque o sei tasse per le imprese semplificando tutto. Ma appena il tema si ripropone, il premier sbotta: «Sì, questo vorrei fare. Ma poi c'è Tremonti». Tremonti, la Lega. Berlusconi non ha compreso quali potrebbero essere le mosse di Bossi, i due si vedranno a quattr'occhi soltanto stamattina a margine del Consiglio dei ministri Insomma, Berlusconi vorrebbe riprendere il percorso riformista. Quella della Giustizia, già varata dal governo e ora in Parlamento. Quella del Fisco, a cui si sta lavorando all'Economia. Quelle delle Riforme costituzionali, con la riduzione dei parlamentari. Infine c'è il partito. La partita più complessa. Ieri con Scajola si è parlato di un suo ritorno in via dell'Umiltà. L'idea di base è una rifondazione del Pdl, la sua strutturazione, la sua riorganizzazione. Il tutto attraverso un percorso che porti a tesseramento e congressi locali, forse un congresso nazionale. Ma questo è l'approdo finale. Il cui traguardo è quello di affidare il partito anche a una nuova classe dirigente, più giovane, guidata da Angelino Alfano. Il quale sarà coadiuvato da un gruppo di trenta-quarantenni. Fin qui i sogni perché per ora nessuno immagina scossoni. Forse qualche cambio locale. Via qualche coordinatore regionale, come Mario Mantovani in Lombardia. Gli vengono imputati i toni eccessivi della campagna elettorale a cominciare dalle manifestazioni davanti al Tribunale. Certo, a volerle era soprattutto il Cavaliere in persona. Anzi, per dirla tutta era solo lui. Le ha pretese e ordinate. Mantovani ha solo eseguito, e da questo punto di vista anche bene. Proprio perché è un esecutore si può farlo passare per caprio espiatorio al punto che già si parla di un suo sostituto, Massimo Corsaro. Si vedrà. Quel che conta è che lo scaricabarile dentro il partito è già cominciato. Si inizia dai pesci piccoli, che sono quelli a cui si può addebitare tutto senza cambiare gli equilibri tra i grandi. Berlusconi in cuor suo sta maturando è una rivoluzione totale che non escluda neppure il cambio del nome del Pdl, ormai logorato dalla sconfitta. Ma è altrettanto vero che, almeno negli ultimi due anni, quando il premier ha annunciato rivoluzioni globali alla fine non è cambiato mai nulla. Ma proprio nulla. Ha la forza oggi? Parrebbe di no. A cominciare dal Parlamento dove la maggioranza scricchiola, perde consensi, va sotto. I Responsabili si cominciano a rompere con una mini-scissione che va compiendosi. In queste condizioni qualunque tipo di riforma appare solo un miraggio.