Bersani chiede i voti degli altri
Se fosse un film e se Pier Paolo Pasolini non ci avesse già pensato nel 1961, il titolo sarebbe «Accattone». Ma la famosa pellicola non c’entra. Il fatto è che dal giorno successivo al primo turno del voto amministrativo il Partito Democratico, attraverso il segretario Pier Luigi Bersani, ha iniziato una vera e propria questua alla ricerca di allean Dai grillini al Terzo Polo, fino alla Lega e a Renata Polverini, nessuno si è salvato. Dopotutto a via del Nazareno non hanno mai nascosto che in questo momento la priorità è liberarsi di Silvio Berlusconi. E quindi tutti possono concorrere alla causa. Non importa se durante la campagna elettorale le distanze sembravano incolmabili, se in alcune città sono piovute accuse e reciproche scorrettezze, adesso è il momento dell'«ammucchiata» anti-Cav. Così partono gli appelli. In cima alla lista ci sono ovviamente i ballottaggi di Napoli e Milano. Nel capoluogo campano il Pd candidava il prefetto Mario Morcone contro Gianni Lettieri (Pdl) e Luigi De Magistris (Idv). È stato un massacro. I Democratici hanno perso 90mila voti e Morcone è arrivato terzo. Niente secondo round. A questo punto il Pd non ha scelta: dopo averlo avversato deve scendere a patti con l'ex pm e portargli i propri voti. Peccato che De Magistris non abbia alcuna intenzione di scendere a patti con quelli che considera in qualche modo eredi di Antonio Bassolino e quindi corresponsabili dell'attuale situazione del capoluogo campano. «L'apparentamento con il Pd non è automatico» si era affrettato a chiarire al termine dello scrutinio. Col passare dei giorni si è un po' ammorbidito anche se la sostanza non cambia: «Nessun apparentamento formale, ma sì ad accordi sostanziali di qualità su programmi, sulla giunta, sulla qualità della città. Non mi interessano i bollini ecco perché non mi sento il candidato sindaco neppure dell'Idv. I voti li chiederò ai cittadini. Certo, magari anche a quelli che hanno votato Pd, mica hanno la rogna». Da un corteggiamento all'altro, tocca ai grillini. Il Movimento 5 Stelle è probabilmente la vera sorpresa di queste elezioni. Ha raccolto consensi a Torino e Milano, dove potrebbero essere decisivi al ballottaggio, e ha letteralmente conquistato Bologna dove ha superato il 9%. Insomma il Pd ha bisogno anche di loro. E Bersani chiama: «È un'onda che può avere esiti qualunquisti, ma dipende anche da noi, io voglio cogliere questa sollecitazione che viene da quel mondo. I grillini sono troppo grossi per non prendersi le loro responsabilità. Grillo non può dire che Pisapia e Moratti sono la stessa cosa». Risultato? Il comico genovese e il suo Movimento 5 Stelle non cedono e si tirano fuori dalla battaglia: non ci schiereremo, non daremo indicazioni di voto, non insistete. Insomma il segretario democratico, nonostante l'impegno, non raccoglie molto. Non resta che appellarsi ai nemici di sempre. Anzitutto alla Lega. Già proprio quelli che, quando stanno con Berlusconi sono razzisti e trogloditi, ma quando lo mollano possono tranquillamente diventare una «costola» della sinistra. Bersani sa che non siamo ancora alla replica di ciò che accadde nel 1994, ma ci prova: «La mia è una sfida con la Lega, una sfida in pubblico, e gli dico avete visto che il piede in due scarpe non funziona? Non si può essere berlusconiani a Roma e leghisti a casa». Solo il tempo dirà se il leader democratico riuscirà a separare Bossi e Berlusconi. Per ora il Pd sembra in grado di conquistare Renata Polverini. La governatrice del Lazio ha presentato sue liste alle amministrative. A Terracina e Sora è al ballottaggio contro un candidato del Pdl. Il Pd sogna di accordarsi con lei. E poco importa se alle Regionali 2010 Bersani attaccava: «Se vince lei comandano Storace e Berlusconi». In questo momento il nemico del mio nemico è mio amico.