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Il piano di Silvio

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Silvio Berlusconi

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Irato. Furioso. Chiuso ad Arcore. Barricato dentro a sfogarsi. Contro tutto e contro tutti. Contro il partito, i dissidi e le guerre interne. Silvio Berlusconi è fuori di sè. E come accade in questi casi si chiude a riccio, chiede che almeno per questa volta non siano fatte circolare indiscrezioni. Non arrivino ai giornali le sue frasi. Tanto che in serata Paolo Bonaiuti diffonde un comunicato che suona come un avviso ai naviganti: «Come è sua abitudine, il presidente Berlusconi non farà nessun commento». Farà tutte le sue valutazioni solo quando ci saranno i risultati reali, quelli definitivi». Un messaggio chiaro a tutti: bocca cucita. Perché è evidente che il premier in cuor suo ancora ieri mattina sperava in una improbabile vittoria al primo turno a Milano. Si aspettava il ballottaggio ma era sicuro che la Moratti sarebbe stata davanti e non distaccata in maniera pressoché irrecuperabile. E Milano, la città in cui ha concentrato tutti i suoi sforzi, è l'unica vera debacle di questa tornata visto che tuti gli altri sono risultati prevedibili. Così l'ira. Nello sfogo Berlusconi ce l'ha con tutti. E anche se non lo dice esplicitamente ce l'ha, in parte, con se stesso. Con il fatto di essersi fatto trascinare nella partita candidandosi capolista. Nel 2006 come numero uno di Forza Italia prese 53mila voti. Stavolta a metà scrutinio è scarsamente a quota 12mila. Significa che se il trend sarà confermato, avrà ottenuto la metà dei voti di cinque anni fa. Una sconfitta anche personale che segnerà inevitabilmente la sua immagine. E dire che non voleva manco candidarsi nella lista del Pdl, avrebbe preferito lasciare quel posto a Maurizio Lupi. Ma l'ala laica del Pdl si è opposta chiedendogli di scendere in campo. E poi i toni sbagliati. Toni eccessivi. I manifesti di Lassini sulle Br in procura. E anche i suoi comizi. Per non parlare della Moratti. Ora però non è più tempo di attaccare. Finito lo sfogo contro il mondo, Berlusconi si rimette in piedi. Lo fa con una velocità inusitata. così come appare furibondo, così torna all'ottimismo e guarda avanti. Archivia la sconfitta e si lancia in una partita nuova come se nulla fosse successo. Certo, otto punti da recuperare sono tanti. Troppi. Una partita quasi impossibile. Stamattina vedrà gli uomini fidati per pianificare le prossime mosse. L'indicazione è di coltivare l'elettorato moderato. Il Terzo Polo, certo. Ma non solo. Tornare a evocare lo spettro comunista, la paura degli estremisti non ha avuto senso. I milanesi, e il Cavaliere lo ha ripetuto numerose volte, sono gente concreta. Che guarda ai fatti veri. Che poi la mattina si alza e va a lavorare. Se un lavoro ce l'ha. Va a combattere contro una crisi economica forte, fortissima, che dura ormai da tre anni e nessuno è in grado di indicare una via, la luce in fondo al tunnel. Imprese che lottano per la sopravvivenza. Dalle urne arriva un messaggio chiaro per il Cavaliere: sale un voto di protesta. Vincono i candidati estremi. Quelli di Grillo e dell'Idv. Per questo il premier pensa di tornare ai temi concreti. A parlare della città. Di Milano. Delle cose fatte e soprattutto di quelle da fare, della nuova Milano. Pensa a una proposta in positivo come fu il taglio dell'Ici lanciato nel finale della campagna elettorale del 2006. Giuliano Ferrara lo richiama proprio a quel tipo di battaglia; «Berlusconi ha perso, ne ha vinte tante di elezioni, ma queste le ha perse e le ha perse dove ha puntato, perché è un uomo coraggioso, la sfida», ripete il conduttore di Radio Londra. Per Ferrara, «il monologo di Berlusconi ha stufato gli italiani». Il direttore del Foglio critica poi Letizia Moratti per «le accuse non seguite da scuse, fatto, per i milanesi, imperdonabile». La campagna elettorale, aggiunge, «può essere anche dura ma serve fair play». Potrà farlo? Sicuramente, ragionano gli uomini del Cavaliere, il risultato della Lega aiuta. Bossi non ha sfondato e dunque non può dettare condizioni. Al contrario il Pdl è ancora in una situazione in cui può richiamare l'alleato alla sfida finale. A Berlusconi non sono piaciuti i distinguo del Carroccio. Quel continui alzare la voce, tentare di lucrare proprio sulle difficoltà e sugli affanni del Pdl. Tutto ciò ha finito per dare la sensazione di una coalizione divisa, spaccata, frantumata. Non affidabile. L'elettorato queste cose le vede e le sa pesare, le comprende e nell'urna lo ha fatto sentire. Insomma, il Berlusconi che prova a tirare le somme in serata è convinto che la coalizione di governo abbia tenuto. Osserva il Pd e la sinistra in grande affanno ovunque, sempre più in balìa delle ali estreme. Il problema è Milano. Ma anche a Milano la partita non è ancora finita.

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