La sfida di re Giorgio: "Faccio quel che posso"
La folla che si è radunata fuori dall'Istituto geografico militare lo applaude e gli grida «Grazie Presidente». Lui saluta e sorride. Giorgio Napolitano è a Firenze ma non perde l'occasione per spronare i politici ad abbassare i toni e a disegnare un'Italia migliore. «Faccio quello che posso e che devo fare secondo la Costituzione», avverte il Capo dello Stato, sottolineando il suo ruolo di garanzia. «Sento la responsabilità e la fiducia degli italiani di tutte le idee politiche e di tutte le condizioni sociali». Ma Napolitano si è soffermato anche sul federalismo e sulle necessarie modifiche al bicameralismo perfetto. Non solo. Anche sul ruolo del Parlamento e sui giovani. Alla fine i politici, tranne pochissime eccezioni, mostrano consenso al presidente benché le ultime ore di campagna elettorale restino infuocate. «Esiste il problema di riqualificare i Parlamenti e i parlamentari nazionali», ha detto Napolitano, ricordando che «in Inghilterra per piccole cose i parlamentari si sono dovuti dimettere». Il presidente della Repubblica ha richiamato politici e amministratori «all'inderogabile dovere della solidarietà» e al «valore della responsabilità». L'occasione è stata la domanda di una studentessa universitaria che ha chiesto al Capo dello Stato quali siano i valori da recuperare. «Alcuni sono affermati molto limpidamente nella Costituzione. Basta poi pensare a come è richiamato non un altro ideale o valore ma un vero e proprio dovere: il dovere della solidarietà, il dovere inderogabile della solidarietà. Questo - ha sostenuto Napolitano - è parte vitale del tessuto connettivo del nostro Paese ma anche della comunità internazionale, sicuramente dell'Unione europea». Poi il Capo dello Stato ha detto che va messo «in rilievo anche il valore della responsabilità», che può avere tante accezioni e tante esemplificazioni: «Io ne accenno una, che può apparire minore: la responsabilità nel gestire le risorse pubbliche. È una questione grossa, ad esempio quando si parla di risorse per la sanità, per l'istruzione o per l'università». Insomma «nessuno che abbia compiti di rappresentanza o di governo in qualcuno di questi settori - ha aggiunto Napolitano - può soltanto proporsi di fare di più e soprattutto di offrire di più. Bisogna fare meglio con le risorse disponibili altrimenti può capitare che si lasciano ai successori delle eredità tremende. Quando si lascia, ad esempio, il bilancio dissestato di un'università o di un sistema sanitario regionale, allora significa che si è abdicato al principio di responsabilità». Il presidente della Repubblica ha poi aggiunto: «E quindi con il dovere inderogabile della solidarietà e con il valore della responsabilità torniamo al tema dell'unità, della coesione sociale e nazionale che più volte abbiamo richiamato in occasione dell'anniversario dei 150 anni». Poi è tornato su Camera e Senato: «Credo che ci sia una questione di rilanciare il Parlamento, che non è condannato a sparire, non è destinato, non si sa da qualche fato, a ridursi a un esercizio povero o meschino delle sue responsabilità. Si tratta un po' di ripensare, di ritrovare il ruolo dei parlamenti». E ha specificato: «Il punto più nero è quello della rappresentanza femminile nelle istituzioni, innanzitutto in Parlamento». Poi ha invitato a sposare il decentramento di funzioni e di competenze amministrative, ma «occorre tener ferme alcune esigenze fondamentali di salvaguardia delle strutture portanti di uno Stato nazionale. Nessuno può mettere in dubbio il ruolo del ministero degli Esteri e di quello dell'Interno e neanche scelte necessarie per la salvaguardia del nostro patrimonio di beni storici e culturali». «Ci sono delle funzioni che non possono essere frammentate, ci sono beni che non possono essere abbandonati all'arbitrio di gestioni locali». In ogni caso «per andare verso un sistema delle autonomie che comprenda anche aspetti di federalismo non ci si può limitare al campo fiscale, ma occorre anche corresponsabilizzare i rappresentanti locali e regionali sui problemi del bilancio pubblico». E sulla riforma ha invitato a un momento finale di verifica «poiché restano da misurare gli effetti del totale dei decreti e ci si deve eventualmente attivare anche con dei correttivi». Infine, «nel momento in cui diamo poteri nuovi alle Regioni non possiamo continuare ad avere un sistema parlamentare con gli stessi identici poteri alle due Camere. Dobbiamo avere, come altri Paesi, una camera delle Regioni e delle Autonomie». Pd, Pdl e anche la Lega applaudono il Capo dello Stato ma le elezioni premono e lo scontro ricomincerà presto.