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La Moratti non torna indietro: "Pisapia amico dei terroristi"

Letizia Moratti e Giuliano Pisapia si ignorano completamente

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Letizia Moratti non torna indietro. Nella sua Milano si gioca una partita troppo importante per le sorti del centrodestra. Lei lo sa e alla fine ha deciso: combatterà a viso aperto. Seguirà la strategia dettata dal Cav. Sarà scontro frontale. Così, dopo il dibattito tv in cui ha accusato il rivale Giuliano Pisapia di esser stato condannato per furto d'auto, a telecamere spente la guerra continua. A chi le chiede se si è pentita dell'entrata decisa sull'avversario il sindaco in carica risponde con un secco «no». Niente scuse. Niente ripensamenti. «La mia intenzione era ed è - si limita a spiegare - quella di sottolineare che non può essere considerata come moderata la storia di una persona che in quegli anni era vicina ad ambienti pericolosi». I due sfidanti si incontrano per un nuovo dibattito tv negli studi della Rai. Seduti a meno di un metro di distanza - e separati dal candidato futurista Manfredi Palmeri - i duellanti scelgono un profilo basso e anche di fronte a una precisa domanda del conduttore glissano sulle polemiche sostenendo di voler parlare delle cose «che interessano ai cittadini». Nessun chiarimento, né strette di mano tra i due. Anche a telecamere spente. A confronto finito, la Moratti ribadisce le sue intenzioni: «Giuliano Pisapia - scandisce - non ha mai preso le distanze da atti violenti, che si sono verificati anche di recente, dagli scioperi selvaggi e dalle occupazioni dei centri sociali in immobili comunali. La sua storia politica è una storia di frequentazioni di terroristi che si riflettono anche nelle sue posizioni di oggi. Non a caso è il candidato di Rifondazione Comunista», attacca. C'è chi è moderato e chi non lo è, non lo è stato e non lo sarà mai. Questo il messaggio lanciato dal sindaco. Pisapia non ci sta. E se guerra deve essere, che guerra sia. «Non capisco più la differenza tra la Moratti, Berlusconi e Roberto Lassini. Hanno lo stesso linguaggio, usano le stesse false dichiarazioni e anche i manifesti falsi - accusa - Letizia Moratti, dichiarandosi moderata ma risultando estremista, insiste nella sue bugie e nella sua campagna diffamatoria, aggiungendo falsità a falsità, delle quali risponderà davanti all'autorità giudiziaria. Io invece continuo ad avere la solidarietà e il consenso da parte di tante persone realmente moderate. Anche di chi magari aveva qualche indecisione», azzarda. L'attacco più forte l'avvocato spalleggiato da Vendola lo riserva al Cav: «Io ho rinunciato ad una amnistia per affrontare un giudizio di merito ed essere assolto con formula piena per non avere commesso il fatto, Berlusconi ha beneficiato dell'amnistia», spiega. La guerra, insomma, continua senza esclusione di colpi. Tra i due litiganti poi, c'è sempre un terzo che ci prova. Succede spesso a Italo Bocchino. «Se la Moratti ha fatto quel che ha fatto per far emergere che Pisapia era un estremista, è emerso che anche lei è un estremista. Noi siamo moderati ed i moderati liberali milanesi possono solo votare il candidato del Terzo polo, Manfredi Palmeri», azzarda il vicepresidente di Fli. Ad azzardare più di tutti, però è Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd in un primo momento partecipa con cautela alla battaglia milanese: «A Milano sono quindici anni che il centrosinistra non riesce ad arrivare al ballottaggio. È stata la culla dell'avanzata del centrodestra, questa volta combattiamo, è già un passo avanti», spiega. Poi, però - trascinato dai toni dello scontro - si lascia andare: «Se cambia Milano, cambia l'Italia», esagera. Walter Veltroni non gli ha spiegato - dopo quel che ha pagato sulla sua pelle dopo le regionali in Sardegna - che non queste cose non si dicono?

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