La Consulta indebolisce il pacchetto sicurezza
Unanuova decisione della Corte Costituzionale si è abbattuta, come un maglio, su altre sue norme. A farne le spese, stavolta, è l'obbligo per il giudice di disporre la custodia cautelare in carcere – e non anche misure alternative come ad esempio gli arresti domiciliari – quando sussistano gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario. «Sono allibito» è stato il commento a caldo del ministro dell'Interno Roberto Maroni, che nel giro di un paio di anni si è visto bocciare numerosi punti del pacchetto sicurezza come, ad esempio, il divieto di misure alternative al carcere anche per gli imputati o indagati di violenza sessuale; la previsione dell'aggravante di clandestinità per chi delinque; la sanzione penale per coloro che trovandosi in stato di estrema indigenza non possono obbedire all'ordine di allontanamento dall'Italia; gli ampi poteri conferiti ai «sindaci-sceriffi» per emanare ordinanze anti-lucciole e anti accattonaggio. Nel pieno di una infiammata campagna elettorale per le amministrative, Maroni bolla come un «grandissimo errore» la decisione della Corte di far «tornare libero a casa, e magari commettere un altro omicidio» chi «non merita benefici» perché «ha commesso un delitto così grave». Parole queste che gettano benzina sul fuoco di critiche e accuse mosse a più riprese dal premier Berlusconi all'indirizzo della Corte. Ma la sentenza della Consulta – scritta dal giudice costituzionale Giuseppe Frigo, avvocato penalista arrivato alla Consulta su indicazione del centrodestra – riguarda solamente gli indiziati o imputati di omicidio volontario e non anche i condannati in via definitiva. La Corte ha bocciato l'«ingiustificata parificazione» operata dal «pacchetto sicurezza» tra l'omicidio volontario e i delitti di mafia, gli unici per i quali la Consulta e la Corte europea dei diritti dell'uomo hanno ritenuto giustificabile la «presunzione assoluta» di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere. E ancora: il divieto per il giudice di comminare misure alternative (come ad esempio gli arresti domiciliari) nel caso di «elementi specifici» e «in relazione al caso concreto», lede anche il principio dell'inviolabilità della libertà personale (art. 13) e quello di non colpevolezza (art.27). La Corte Costituzionale ha così dato ragione al Tribunale di Lecce e al gip di Milano che, trovandosi a giudicare su due casi di omicidio volontario, avevano messo in dubbio la parziale legittimità dell'art. 275, comma 3, secondo e terzo periodo, del codice di procedura penale, come modificato dalle disposizioni del «pacchetto sicurezza». Norme che – si legge nella sentenza scritta da Frigo – hanno fatto compiere un «salto di qualità a ritroso» al legislatore. I primi effetti della sentenza già si fanno sentire: i legali di Winston Manuel Reyes, reo confesso dell'omicidio di Alberica Filo della Torre, reclamano la scarcerazione del filippino indagato.