Rischiano di (ri)perdere

Giorgio Napolitano auspica che nella politica italiana ci sia rispetto reciproco. A parole nessuno dei partitanti è contrario, ma nei fatti il clima è pessimo. E chi scrive ne è testimone diretto tutti i giorni. C’è gente che ha il coraggio di invocare la tua morte perché sei il direttore di un giornale storicamente conservatore. Ti scrivono mail di insulti e si augurano una fine dolorosa per la tua famiglia. Immaginate un po’ che bel mestiere tranquillo è il mio. Ci sono menti confuse che hanno scambiato il duro confronto delle idee per un terreno dove è lecito accoppare l’avversario. Scenario in cui il candidato del Pdl a Napoli, Gianni Lettieri, fa campagna elettorale tra bombe carta e sputi, mentre a Milano tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia volano i materassi. Ma l’opposizione che accusa di «killeraggio» la Moratti è la stessa che presenta la sfida come l’occasione finale per ghigliottinare Berlusconi e liberarsi del suo personalissimo incubo. Tutto questo è frutto di un pregiudizio antico: la presunta superiorità antropologica della sinistra che non accetta il verdetto delle urne. Se perde, pensa di esser vittima di un golpe videocratico frutto del voto di una massa di lobotomizzati dalla tv. Sulla base di questo ragionamento c’è chi sale per li rami a teorizzare la rivoluzione e sogna la piazzale Loreto per Berlusconi. Non so come andrà il voto di domenica e lunedì, ma conosco la maggioranza silenziosa, la forza tranquilla che decide chi governa in Italia: non sceglie gli estremisti. Può darsi che mi sbagli, ma comunque vada, in questo voto qualcuno rischia di (ri)perdere non solo le elezioni ma anche la faccia.