La Padania allarga i confini
Il «modello Carroccio» è pronto a sbancare. La Padania si allarga. Da terra che diede i natali al movimento fondato da Umberto Bossi è diventata il simbolo di una politica che parte dal basso, dalle piccole sezioni, dai piccoli comuni, per arrivare fino al Governo. Un modello da esportare e così, dalla milanese Via Bellerio, la strategia è stata dettata: avanzare. Scavalcato il Po colonizzando, città dopo città, tutti i territori dell'Emilia e superato il Rubicone avanzando in Romagna, nelle Marche, in Toscana e in Umbria, è ora di guardare oltre e mettere i propri avamposti in terra d'Abruzzo e in Sardegna. Un'avanzata lenta ma incontenibile che proprio in occasione delle prossime Amministrative dovrebbe assicurare all'Umberto un grande successo elettorale. Un successo che, come si rumoreggia a Palazzo, potrebbe convincere il Senatùr a presentare il logo del movimento in tutta Italia alle prossime Politiche. Ora però gli occhi sono tutti puntati al voto di domenica e lunedì. Una battaglia importante in città come Milano, Torino e in tutti i comuni del Nord, ma che diventa strategica altrove. Bologna in primis dove il candidato leghista della coalizione di centrodestra Manes Bernardini punta a superare i consensi che prenderà il Pdl. Una resa dei conti interna alla maggioranza che permetterebbe ai Lumbard di dare seguito alle parole di Bossi quando, lunedì sera, disse che «la Lega ha quasi in mano il Paese». Ed è proprio il deputato Gianluca Pini, segretario nazionale leghista della Romagna a spiegare i rapporti tra il movimento e il Pdl: «Per il 50% il nostro elettorato viene da sinistra e per noi, essere in coalizione con Berlusconi ha rappresentato sempre un problema che abbiamo dovuto fronteggiare. Oggi, che in Romagna c'è aria di sorpasso nei confronti del Pdl, stiamo trasformando questo maldipancia in un elemento di forza per portare i nostri elettori a votarci per renderci sempre più forti». Così, proprio dall'Emilia Romagna, che l'anno scorso alle Regionali ha fatto conquistare alla Lega il 13,7% dei voti, partirà la riscossa del Carroccio. Così sarà a Bologna, come riferiscono dal comitato elettorale del candidato sindaco, così sarà in quei dieci comuni e nella provincia di Ravenna dove si spera che gli elettori approvino il modello Lega. Un modello che si basa su poche chiacchiere e tanti fatti ma che, come spiega Pini, «consta di regole di partito ferree dove tutti vengono eletti in congressi e non nominati come nel Pdl». Un punto di forza che ritorna anche nella parole di Claudio Burrini, referente per i Lumbard in Abruzzo: «La nostra è la linea del fronte. Qui siamo arrivati nel 2009 e alle Europee abbiamo conquistato l'1,3% dei consensi. Siamo diventati subito un bocconcino appetibile per molti politici che speravano di ottenere posti a Roma ma questi non hanno capito che la Lega è impenetrabile. Siamo un po' stalinisti. Se uno vuole fregiarsi del titolo di leghista ha una lunga gavetta da fare. Si deve iscrivere come sostenitore, poi se dimostra di lavorare per il partito sarà la segreteria di sezione a chiedere a quella di circoscrizione e a quella provinciale di accettare il candidato come militante vero e proprio. Pensi che ad oggi in Abruzzo l'unico che si fregia di questo "titolo" sono io». Ma è dall'altra nuova entrata, la Sardegna, che Bossi spera di avere grandi riconoscimenti. Alle Europee il dato fu di un misero 0,7% ma ora, anche grazie al lavoro del coordinatore regionale Giorgio Todde si annunciano buoni passi in avanti. «I sardi con i Lumbard condividono molte battaglie. L'indipendenza, il federalismo, e ora la Lega inizia a dare fastidio. L'accordo chiuso dall'alto dal Partito Sardo d'Azione per non mettere in difficoltà la giunta regionale è che la Lega non presenti il proprio simbolo quando c'è un candidato di coalizione. La cosa ci penalizza molto ma ci dimostra che iniziano a temerci. Per ora puntiamo su Olbia dove corriamo divisi dal Pdl». Divisioni che ci saranno anche nell'aretina Montevarchi dove, come spiega il segretario nazionale Claudio Morganti, «il nostro obiettivo è riuscire a piazzare più consiglieri possibili». Uomini e donne di partito che invece è il collega di Umbria e Marche Luca Rodolfo Paolini a identificare: «Noi della Lega preferiamo scegliere tra i non politici. Magari faticheranno un po' all'inizio ma siamo sicuri che saranno una garanzia di obbedienza». Dopo tutto anche questo è il «modello Carroccio».