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Fini si schiera con le toghe, ma un tempo le attaccava

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini

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Che tra Fini e i magistrati ci sia un certo feeling non è un segreto. Spesso, e non solo in tempi recenti, il presidente della Camera ha mostrato una certa simpatia per le toghe. Al punto che ci fu chi accusò Alleanza Nazionale di essere il «partito dei giudici». Così non ha stupito più di tanto la sortita con cui ieri il leader di Futuro e libertà ha risposto a Silvio Berlusconi che sabato, durante una manifestazione elettorale del Pdl al Palasharp di Milano, aveva definito i magistrati come «un cancro» per la nostra democrazia. A Cagliari per presentare il suo ultimo libro L'Italia che vorrei, Fini ha affondato il colpo: «Non posso pensare che il Presidente del Consiglio si scagli contro i magistrati delegittimando tutto il corpo della magistratura. La legalità è qualcosa di molto più impegnativo della sicurezza, è un abito mentale e ogni volta che si reclama un diritto si deve essere pronti a un dovere». In questo senso, ha aggiunto, occorre «l'assoluto rispetto delle istituzioni» e «chi riveste cariche istituzionali, per ragioni note, non si rende conto dell'errore che commette quando delegittima la magistratura, l'istituzione non può essere considerata un nemico». Il Presidente della Camera ha comunque osservato, che «questo non vuol dire che non bisogna riformare la giustizia, va riformata eccome, ma il simbolo della giustizia è la bilancia e quindi bisogna avere grande attenzione a garantire questo equilibrio. Attenzione, però, a non fare delle riforme volte solo a garantire l'imputato, dimenticando che c'è una parte lesa». Insomma, il messaggio è chiaro. Anche se forse Fini non ricorda bene cosa diceva nel 1998. Certo, sono passati 13 anni. Un tempo sufficiente per cambiare idea. Eppure fa un certo effetto confrontare le parole di oggi con quelle di allora. La data, poi, è emblematica: 7 luglio 1998. Quel giorno Silvio Berlusconi viene condannato in primo grado dal tribunale di Milano, il pm è Gherardo Colombo, nel processo sulle presunte tangenti pagate alla Guardia di Finanza (verrà assolto nel 2001 ndr). L'allora leader di An, conversando con i giornalisti a Montecitorio, non ha dubbi: «Una sentenza politica, degna di un tribunale speciale. Una vergogna. Quella di oggi è una pagina nera per la democrazia con ripercussioni che possono essere gravissime». E guai a pensare ad una reazione a caldo.  «La mia - aggiunge - è una dichiarazione ampiamente meditata. A Milano è in azione un Tribunale speciale che, come sempre, colpisce gli oppositori. Nessuno può fare lo struzzo e fingere di non vedere che in Italia sono all'opera nelle aule dei tribunali magistrati che utilizzano il loro incarico per ragioni non connesse all'accertamento della verità processuale». «Io che ho sempre detto che bisogna essere prudenti nel valutare le azioni della magistratura - prosegue come un fiume in piena - oggi non esito a dire che vengono minacciate le garanzie costituzionali dei cittadini. Oggi dopo questa sentenza non credo più agevole sostenere che la giustizia è uguale per tutti». Poi, un ulteriore affondo su Milano: «È innegabile che vi sia, non più tra i pm, ma nell'ambito del palazzo di giustizia una magistratura che fa politica. E quando la magistratura fa politica è un tribunale speciale, il che pone dei problemi a chi crede, come noi, nella democrazia». Niente male per uno che oggi invita il Cavaliere a non delegittimare la magistratura. Anche perché non si tratta dell'unico attacco che Fini, nel corso di questi anni, ha riservato alle toghe. Nel 1994, ad esempio, si dichiarava convinto del fatto che «la sinistra da tempo riesce a dirigere certi settori della magistratura. E in tante procure ci sono troppe toghe che rispondo a interessi di parte». O ancora nel 2003: «Certamente parte della magistratura è chiaramente politicizzata. Negarlo sarebbe negare l'evidenza». Nel 1997, poi, giustificava addirittura l'«iperattenzione» del Cavaliere per il problema giustizia: «Come dovrebbe reagire uno che un giorno si sente dire di essere il capo della mafia e l'altro che il suo partito ha fatto accordi con le cosche per mettere le bombe? Si tratta di accuse del tutto infondate. Forse, hanno ragione coloro che mi dicono: attenzione, dopo che avranno fatto fuori Berlusconi, cercheranno di fare la stessa cosa con te». Sono passati 14 anni. Le accuse per il premier sono sempre le stesse, ma Fini ha cambiato idea.

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