Al Colle si va con diplomazia
Mancano due anni alla fine della legislatura, ma le manovre del Palazzo sono tutte già proiettate sul «the end» e i titoli di coda. Il dibattito sulla successione a Berlusconi - con relativo «delfinario» del Cavaliere - e l’ultima sortita di Gianfranco Fini su Silvio e le sue aspirazioni al Quirinale dimostrano che la partita per il 2013 è aperta e - in assenza di reali cataclismi - è da considerarsi con la «spinta propulsiva» più che esaurita. Il presidente del Consiglio è in campagna elettorale e non si tratta della semplice contesa sul voto amministrativo. In ballo non ci sono Milano o Bologna, ma il futuro governo. Sono elezioni di medio termine per Berlusconi? Direi di sì, ma senza dargli un peso eccessivo, perché anche nel caso di un rovescio elettorale nella città ambrosiana resta il fatto che per ora non c’è alcun progetto di governo alternativo. Sono sicuro che Berlusconi nel suo intimo ragiona su due punti dell’agenda: quello giudiziario, dal quale vuole uscire indenne; quello istituzionale, con lo sguardo rivolto alla Presidenza della Repubblica. Obiettivo ambizioso e difficile, ma non impossibile se solo ci fosse un clima meno violento e un po’ di diplomazia. Anche da parte sua. Per giungere alla vetta del Colle Berlusconi deve cominciare a pensare all’eventualità di separare leadership e premiership e, inoltre, deve non solo mobilitare l’elettorato ma anche farsi promotore di una nuova rete di uomini e alleanze. Non si limiti a sfogliare l’attuale album di figurine della politica. Sia lungimirante. L’imprevisto - e lui nel 1994 lo fu - è sempre dietro l’angolo. Con la riproposizione dello schema «Silvio candidato a tutto» può non perdere, ma vincere la sfida del governo, come abbiamo visto, è un’altra cosa.