Riecco la patrimoniale. La Cgil non molla
La tentazione è troppo forte. A ridosso del varo del decreto per lo Sviluppo, il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, per due giorni consecutivi rilancia la proposta di una patrimoniale come strumento di equità sociale e per rilanciare il Paese. Parlando a Napoli in occasione dello sciopero indetto dal sindacato, la Camusso invoca «una riforma fiscale da fare subito che sposti il peso su rendite e grandi patrimoni». Le risorse così recuperate «vanno investite per creare lavoro e condizioni di crescita». «Sono due anni che la Cgil ha una idea diversa di quale deve essere il progetto per questo Paese - ha tuonato la sindacalista - Ma sappiamo bene che per come è messa la politica oggi non c'è alcuno sguardo nè attenzione per il Paese». Una tassa sulle grandi ricchezze servirebbe, secondo la Camusso, «a combattere la precarietà del lavoro giovanile e restituire ai giovani l'età adulta». Altre strade la sindacalista non ne vede. Spiega che «i grandi patrimoni ci sono ed è meglio tagliare lì che sullo stato sociale». Insomma per la leader della Cgil il tema vero «è quello di cambiare la redistribuzione della ricchezza del Paese. Va cambiata la torta e quindi la finanza deve mettere a disposizione più ricchezza da destinare al lavoro per i giovani». Dice esplicitamente che «lo scopo di uno sciopero è quello di spostare i rapporti di forza rispetto ad un governo che pensa che nel Paese non ci sia bisogno di cambiare la posizione del reddito». Una richiesta pressante quindi a colpire chi ha un patrimonio. A risponderle c'è il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che smonta il suo teorema: «Se l'idea è tassare la casa e i Bot dubito che sia la cosa più giusta ed efficace». «Se non ha funzionato bene quando la ricchezza era stabile - ha spiegato Tremonti riferendosi al 1948 quando la patrimoniale è stata introdotta - non credo che sia il modo giusto per tirare su i soldi adesso». La patrimoniale è stata sempre un'idea fissa per la sinistra. L'economista Giulio Santagata in un intervento sull'Unità l'ha argomentata dicendo che siccome per risolvere il problema delprecariato nel mondo del lavoro, servono almeno 10 miliardi di euro, quale migliore fonte che una imposta patrimoniale. E ricorre alle rilevazioni della Banca d'Italia che dicono che la ricchezza delle famiglie italiane (immobili, terreni e titoli) ammonta a oltre 8 mila miliardi e che il 10% delle famiglie più ricche detiene oltre 4 mila miliardi. Questa imposta ha altri sostenitori a sinistra da Giuliano Amato che nel 1992 mise le mani, con un atto a sorpresa, sui conti correnti per un prelievo straordinario, a Walter Veltroni. L'ex segretario del Pd parlando a una convention del Movimento Democratico, a gennaio scorso, rilanciò la proposta di una patrimoniale «per i più ricchi per riportare il debito all'80%». Ecco il piano di Veltroni: «Istituire per il dieci per cento della popolazione italiana, la più ricca, un contributo straordinario per tre anni». E per far accettare agli italiani questo prelievo, Veltroni ricorda la tassa per l'Europa introdotta nel 1996 per far entrare l'Italia nell'Euro. «Tutti compresero che era necessaria, doverosa, utile. Un governo autorevole, credibile, potrebbe ripetere, in altri termini, il miracolo compiuto dal governo dell'Ulivo». Parole che sono subito suonate come un programma per un governo alternativo a Berlusconi. Niente di nuovo. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani non ha mai fatto mistero di essere favorevole a rintrodurre un'imposta sui patrimoni. «Qualcuno mi spieghi perché siamo l'unico Paese dell'Ocse che non ha una tassa sui grandi patrimoni. Tremonti ci spieghi perché» ha tuonato a ridosso di Veltroni salvo poi, sondaggi alla mano, rendersi conto del calo dei consensi e quindi fare marcia indietro. Il Pd nega di avere nel suo programma l'imposta sui patrimoni ma questa ogni tanto risbuca fuori.