"Guerra civile contro di me"
Torna ad attaccare. Torna ad alzare i toni. E sarà così sicuramente fino al fine settimana, quando si apriranno le urne. Silvio Berlusconi attacca di nuovo. Chiama ancora in guerra il suo elettorato distratto, sonnecchiante, un po' deluso. Lo richiama alla battaglia, insistendo ancora su un tasto: mai come in questo momento stanno provando a farmi fuori, non si può restare con le mani in mano. E così, l'altro ieri a Milano l'attacco ai magistrati che sono un «cancro». Ieri a Olbia il Cavaliere rincara la dose: in Italia c'è una «guerra civile» con «insulti e calunnie di cui veniamo fatti oggetto», questo «è terrificante e c'è un'altra cosa terrificante ed l'uso del diritto contro colui che la sinistra considera il suo nemico politico». Ci tiene a specificare su quel «magistrati cancro da estirpare»: «Ieri (sabato, ndr) a Milano parlavo dei pm milanesi, non dei giudici. Anzi, ho sottolineato che le accuse che mi vengono rivolte dai pm non hanno poi trovato rispondenza nelle decisioni dei giudici». Racconta con una punta di sarcasmo che stamattina «come divertimento, mi recherò in tribunale a Milano. È surreale. Perché si tratta di un episodio di cui non ho nessuna conoscenza, con una persona che non ho mai conosciuto, un tale Mills, un fatto che risalirebbe a 16 anni fa». «Io - ribadisce il presidente del Consiglio - sono l'uomo più processato dell'universo, e questi dicono ancora, senza vergognarsi, "fatti processare"... Evidentemente volevano la mia presenza fisica. Gli ho dato - osserva - anche questa soddisfazione». Mette di nuovo nel mirino il presidente della Camera e leader di Fli: «Il signor Fini in tutti questi anni ci ha sempre detto "no", e poi abbiamo capito che aveva un patto con i magistrati». E ancora: «Fini e i suoi se ne sono andati all'opposizione facendo rischiare la crisi al governo e l'instabilità che avrebbe provocato un grave danno perché le agenzie di rating erano lì ad aspettare», mentre adesso «la nuova maggioranza è coesa per numeri e politicamente». L'invito a non disertare le urne è una conseguenza: «Domenica e lunedì andrete a votare per la nuova amministrazione, per portare nella vostra città il governo del fare mancato in questi anni. Ma votando quel governo e dando al centrodestra la vittoria, voi avrete dato anche sostegno e forza al governo nazionale. Così il governo potrà continuare a lavorare nell'interesse della comunità per altri due anni». Il comizio in sostegno di Settimo Nizzi, candidato del centrodestra a Olbia (che si trova nell'incredibile condizione di avere come avversario l'ex sindaco del Pdl e che ora è sostenuto dalla sinistra), è anche l'occasione per tornare a parlare delle questioni della settimana. E rivendica le scelte fatte: «Non vedo lo scandalo nell'aumento di 10-15 sottosegretari per potere avere un incremento di lavoro. La nuova maggioranza è adesso di 325 ed ha bisogno di essere sempre presente in Parlamento, anche con i ministri e i sottosegretari e questo ha sottratto a loro due o tre giorni per lavorare. Perciò noi abbiamo bisogno di aumentare il numero dei sottosegretari». Annuncia che Mauro Pili «sarà sottosegretario, quando il Parlamento avrà approvato il provvedimento per aumentare i sottosegretar». E si lascia scappare che con la scissione di Fli «molti scontenti si sono fatti avanti da soli, senza che noi li chiamassimo e sono i Responsabili, che sono diventati la terza forza di sostegno della maggioranza». Con una punta di polemica ribadisce: «Il premier non ha poteri e può solo suggerire. Perdiamo anni per fare le leggi in Parlamento e poi Napolitano interviene sempre per correggere questa o quella cosa». C'è spazio anche per le battute. «Me ne succedono di tutti i colori: una giornalista giovane e bella mi ha intervistato e mi ha detto di voler essere invitata al bunga-bunga» esordisce il premier, che racconta come la ragazza gli avesse appena detto di aver lasciato il fidanzato trentottenne perché era troppo vecchio. «Se lui è vecchio, io che sono?», «Lei è un mito e i miti non hanno età» è la replica della ragazza. Poi il premier racconta una storiella: «C'era una volta un uomo troppo cattivo, un dittatore, un tiranno, che dominava l'Italia, che aveva tv, giornali, una squadra di calcio. Il bambino a quel punto domanda: e adesso? E adesso c'è ancora» conclude Berlusconi sommerso dagli applausi.