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La storia italiana che continua

Silvio Berlusconi

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Sessantatre immagini di Silvio Berlusconi in copertina, allineate su nove linee orizzontali e con sette fotografie per ognuna: non si tratta di una forma di pop art fuori tempo bensì dei fotogrammi di Una storia italiana, la biografia benevola o, se volete, l'agiografia di un uomo che ha fatto mille cose, senza mai fermarsi: imprenditore, inventore della tv commerciale, politico e fondatore di Forza Italia, presidente del Consiglio e leader dell'opposizione e chi più ne ha più ne metta. Nelle istantanee, dalle strette di mano a Bill Clinton ed ai grandi della Terra sino all'abbraccio con la mamma o alla foto in bianconero di un giovane Silvio davanti ad un microfono, che canta, c'è tutta la narrazione del berlusconismo: il sogno americano all'italiana. Era il 2001 e ad una prima occhiata Una storia italiana si presentava così, un fotoromanzo sin dalla copertina: stiamo parlando del libro-rivista che dieci anni fa, poche settimane prima delle elezioni politiche (vinte dal centrodestra e da Berlusconi), il Cavaliere fece arrivare per posta a circa 12 milioni di italiani. Oggi, che son trascorsi due lustri dall'uscita di quel libro (che, per la verità, Berlusconi ha sempre definito «una rivista») forse è arrivato il momento di riparlarne, risfogliandolo e riascoltando le reazioni della politica alla sua uscita, un modo - anche questo - per storicizzare una fase, quella dei fine anni Novanta e primi anni Duemila che ha segnato tre dei più immaginifici colpi mediatici del Cavaliere: il varo della Nave Azzurra, ideata per circumnavigare la penisola nel 2000, in tempo di elezioni regionali, il libro appunto ed il contratto con gli italiani firmato a Porta a Porta, ospite di Bruno Vespa. Una storia italiana, sin dalle prime indiscrezioni sulla sua uscita segnò, dieci anni fa, uno dei capitoli delle solite polemiche preelettorali. Curatore e ideatore dell'iniziativa fu Guido Possa, allora responsabile del coordinamento dei Club Azzurri e amico del Cav sin da ragazzino. 128 pagine a colori, su carta patinata da rivista, tirate in 12 milioni di copie: per rendersi conto della diffusione basta pensare che in un anno la Bibbia, all'epoca, vendeva circa 4milioni di copie, Harry Potter ed il calice di fuoco ne aveva vendute circa mezzo milione ed un dizionario si aggirava, come tiratura media, attorno alle seimila copie. I titoletti, pagina dopo pagina, scandivano la biografia di un ritratto. Rileggiamoli insieme. Il carattere e le passioni. Come vive l'uomo che vuole cambiare il Paese? I piccoli segreti di Silvio. Lo stile di vita. La costruzione dell'impero. Finalmente una tv libera. La passione per lo sport. La discesa in campo. E poi le fotografie, Berlusconi con i figli e la famiglia, con la moglie Veronica. Gli amici che parlano di lui in brevi profili. E ancora: i segni del suo carattere, magari legati all'oroscopo: carismatico, talento innato, combattivo. E poi il Milan con i successi in giro per il mondo. Nei giorni delle polemiche attorno al libro, era l'aprile di dieci anni fa, l'ideatore Guido Possa spiegava: «È una risposta alla campagna denigratoria della sinistra che getta fango» aggiungendo, in risposta al quotidiano comunista Il Manifesto che aveva suggerito agli italiani di rispedirlo al mittente una volta ricevuto, di «non capire perché la sinistra abbia paura di sapere come realmente stiano le cose. Invece di rispedirlo lo leggano perché son tutte cose vere: in un'Italia così presa da lacci e laccioli c'è stata una persona che partendo da zero ha fatto quel che ha fatto». Dagli alleati di Berlusconi, allora erano tutti insieme, Casini, Fini e Bossi, le reazioni furono diverse. Fini, a modo suo, faceva già il futurista: «Non ho letto il libro di Berlusconi, in questi giorni sto facendo comizi». Casini: «Un'iniziativa pubblicitaria intelligente, nulla di più se è efficace lo vedremo, ma è comunque interessante». Il leader dell'Udc di oggi, poi, rivelava pure una certa dose di humor: «Il fatto che la sinistra - spiegava - abbia lanciato l'idea di mandarlo al mittente testimonia una certa paura, un eccessivo nervosismo. Se non fosse così farebbero come facciamo noi ogni mattina con l'Unità, lo leggerebbero e vi troverebbero opinioni diverse dalle proprie». Anche se l'analisi più arguta, forse, risulta ancora oggi quella di Bossi, il capo della Lega: «Gli imprenditori sono fatti così, vedono soprattutto se stessi, hanno un po' il complesso del re. Berlusconi fa fatica ad essere accettato dai salotti buoni perché è uno che viene dal popolo. Ed è la sua fortuna, nel bene e nel male». Quanto al Cavaliere, nei giorni in cui la sua storia italiana arrivava nelle case del nord, del centro, del sud e delle isole, non rinunciava all'ironia. A Torino, durante le celebrazioni del 25 aprile al Teatro Carignano, girando tra il pubblico presente rassicurava le signore ed i signori che chiedevano notizie della rivista: «State tranquilli arriverà a tutti ma fate attenzione a quei postini che hanno certe idee affinché non ve lo neghino». Un'istantanea, anche questa, del Cavaliere, un uomo che ha tra le sue citazioni preferite L'elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. In fondo, senza andare troppo indietro, basterebbe fermarsi al Novecento, magari al regista Alfred Hitchcock: «C'è qualcosa di più importante della logica, è l'immaginazione».

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