Kabul spera nella pace
Adesso - dopo quasi dieci anni di guerra - anche gli afghani sperano nella pace. La morte di Osama bin Laden, se non altro, per Kabul ha un forte valore simbolico. I talebani, dopo tante battaglie, hanno perso la loro guida. Nella vulnerabilità del momento, se mai i signori della guerra si ritrovano ad essere vulnerabili, spera Hamid Karzai. Il presidente democraticamente eletto nel 2004 si rivolge ai soldati di Al Qaeda e li invita «a deporre le armi», «a partecipare al dialogo di pace e riconciliazione nazionale». Nonostante la presenza delle truppe Nato nel paese a sostegno del suo governo, Karzai è ancora in larga parte il «sindaco di Kabul», dal momento che intere parti del paese sono in mano ai talebani. Da più di un anno il presidente cerca di aprire un dialogo attraverso l'Alto Consiglio per la pace, ma senza troppo successo. Le sue parole, puntuali e severe dopo della notizia della morte del terrorista più ricercato al mondo, mirano in alto: «Dovreste smettere di uccidere i vostri fratelli e addestrare bambini a sacrificarsi come kamikaze. Dovete imparare la lezione e astenervi dal combattere», spiega. Interpretando un pensiero diffuso nel Paese, interviene poi Agha Lalai, rappresentante del governo nella provincia meridionale di Kandahar: «Credo che i talebani saranno liberi di prendere le decisioni per conto loro, e forse questi negoziati di pace avranno finalmente successo», ammette. I signori della guerra, però, respingono le avances di Karzai e del suo governo: nessun dialogo sarà possibile «fino a quando gli invasori americani saranno presenti sul territorio afghano». Un comandante talebano (che si riserva nell'anonimato) va oltre: l'organizzazione, lungi dalla minima volontà di resa, sta programmando attacchi per vendicare la morte di Osama. Nonostante la sua uccisione rappresenti una perdita, spiega, altri leader potranno prendere il suo posto, cosicché i talebani potranno continuare a combattere la loro battaglia anche senza di lui. Del resto - precisa - i militanti afghani, sì alleati con Al Qaeda, esistevano da molto prima della nascita dell'organizzazione, agendo in passato in modo del tutto indipendente. Quindi saranno ancora in grado di dare battaglia al governo di Kabul e nessuno escluda che a questo punto i talebani decidano di separarsi dal "marchio" creato da Osama. A Kandahar, nel cuore dell'Afghanistan tribale, intanto c'è chi considera Bin Laden «il martire numero uno di Al Qaeda». Nella città in cui in molti ritengono sia stato pianificato l'attacco dell'11 settembre i cittadini non hanno dubbi: «Ha sempre detto che sarebbe stato ucciso dagli americani. Sarà più forte da morto che da vivo».