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Celentano press agent di Di Pietro

Adriano Celentano

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«Adriano il Salvatore. Battagliò! Pupulaziò! Attenziò| È asciuto pazzo 'o padrò!» Adriano Celentano vuole salvare l'Italia, La vuole salvare scrivendo lettere ai giornali. Anzi a un solo giornale. Al quotidiano «Il Fatto». Sul quale ieri ha rivelato una cosa a cui in quel giornale nessuno aveva ancora osato pensare. Ha rivelato, cioè, che per salvare l'Italia occorre affrettarsi ad abolire Berlusconi. Da questa strepitosa rivelazione, e ancor più dal fatto che «Il Fatto» abbia avuto il coraggio di pubblicarla, così implicitamente ammettendo che finora nessuno dei suoi cervelloni era riuscito a farsi venire in mente questa audacissima e originalissima idea, ossia che per salvare l'Italia occorre accoppare il Cavaliere, è doveroso ovviamente dedurre, primo, che l'Italia non è ancora perduta, e, secondo, che a salvarla provvederà lui, Celentano. Questo è perciò un momento decisivo della nostra vita nazionale. Chi sappia cogliere il senso delle cronache ufficiali riguardanti questo appello del vecchio Adriano difficilmente potrà sottrarsi al dovere di ammettere che l'Italia, se e fino a quando lui continuerà a invocare l'abrogazione del Cav., non potrà dirsi perduta. Chi inoltre abbia avuto la fortuna di poter leggere questa lettera, e sappia intravedervi il sottaciuto intento di incoraggiare il popolo italiano ad annientare il Cav., dovrà concludere che l'Italia ancora non è perduta. Certo l'Italia è piena di carogne che non hanno molta voglia di abbattere Silvio. Sono anzi decisi, questi furfanti, a frustrare il legittimo anelito di tutti gli italiani perbene ad accoppare il Cav. Ma, se Dio vuole, non sono ancora riusciti a impedire a Celentano di dimostrare che, se gli sarà permesso di continuare a lanciare i suoi appelli su «Il Fatto», l'Italia, non potrà certo considerarsi perduta. Cerchiamo tuttavia di non abbandonarci all'euforia. Evitiamo soprattutto i toni di vanaglorioso trionfalismo. Non nascondiamoci inoltre il fatto abbastanza evidente che il governo, come lo stesso Adriano ha osservato in questa sua lettera epocale, non soltanto «non demorde», ma addirittura persevera «nella sua DEMONIACA volontà di avvelenare gli italiani». Non lasciamoci inoltre accecare da quell'ottimismo che potrebbe indurci a negare che gli ultimi avvenimenti hanno contribuito a insinuare anche nei petti più fiduciosi qualche piccolo dubbio sul potere salvifico di Celentano specialmente quando affronta col suo cervellone problemi epocali come l'energia nucleare o il legittimo impedimento. Evitiamo soprattutto di misconoscere il diritto, da lui rivendicato nella sua missiva al Fatto, a vedere in Antonio Di Pietro «l'unico vero combattente per la salute delle prossime generazioni». Limitiamoci insomma a constatare che l'Italia, se quel genio di Adriano continuerà a fare umilmente il press agent di Di Pietro, probabilmente si salverà. Bando dunque al pessimismo. Rivolgiamo il nostro saluto all'Italia di Adriano e di Tonino, e congratuliamoci con lei e con «Il fatto» con la celebre allocuzione del pazzariello napoletano: «Battagliò! Pupulaziò! Attenziò|. È asciuto pazzo 'o padrò!»

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