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Berlusconi ricorda Wojtyla

Berlusconi con Papa Giovanni Paolo II

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Presidente Berlusconi, qual è il suo ricordo personale più forte, se preferisce più bello, dei suoi incontri con Papa Wojtyla? «Fra i tanti incontri, tutti memorabili, quello che mi è rimasto più impresso e che mi piace di più ricordare, fu quello della visita al Papa con la mia mamma. L'incontro durò un tempo incredibile per gli impegni che aveva il Papa, mi sembra di ricordare che durò quasi mezz'ora, e la mia mamma ebbe modo di "prendere un po' il pallino", come si usa dire da noi, di raccontare un po' della mia storia al Pontefice, terminando col chiedere una sua protezione continuativa sul suo figlio e il Papa la promise, e fu gentilissimo, e da quel momento in poi tutti gli incontri che ebbi con lui finirono con il suo ricordo della mia mamma, con domande sulla sua salute e con l'invito a portare i suoi saluti alla mia mamma e la sua benedizione. Ho ricordato anche l'incontro di quando io non ero ancora entrato nell'agone politico e fui ricevuto da lui con tutta la squadra del Milan ed era alla mia prima presidenza. E lui ebbe, così, la disponibilità di incontrare e di parlare, uno per uno, con tutti i nostri ragazzi e lui ci domandò quali fossero i nostri obiettivi. Noi gli dicemmo, per spiegargli come stavamo cambiando il calcio in Italia, che noi scendevamo in campo con la stessa disposizione d'animo ad essere padroni del campo e padroni del gioco e, quindi, a vincere sempre, anche quando andavamo in trasferta. E mi ricordo che lui disse : "Anch'io devo andare sempre in trasferta. È giusto che ci sia questa disposizione d'animo". E il Papa, su questa missione ci diede la sua benedizione». Quanto è stato importante, nella sconfitta del comunismo e nella caduta del muro di Berlino? «È stato sicuramente molto importante, perché quell'evento di libertà e di democrazia che, a un certo punto inopinatamente, perché nessuno ebbe l'intuito di prevederlo, fu qualcosa che accadde inaspettatamente. Nessuno mai si sarebbe aspettato che il comunismo cadesse su se stesso. Per fare un'immagine, che ho usato già un'altra volta, come un castello di carte che non viene toccato dall'esterno, ma che cade su se stesso per la sua intrinseca illogicità, per la sua intrinseca disumanità, penso che sia stata forte l'influenza che Papa Wojtyla esercitò soprattutto sui cittadini del suo Paese, sui polacchi. E fu proprio in Polonia che cominciò ad essere recepito quel vento che poi portò alla caduta del muro di Berlino, alla caduta del comunismo storico, del comunismo sovietico. Ricordiamoci che il comunismo non è ancora finito del tutto e ci sono ancora Paesi importanti che hanno applicato quell'ideologia e io mi ricordo che, parlandone con lui, io gli dissi che ritenevo che questa filosofia, quell'ideologia, fosse la più cinica, la più disumana, la più criminale della storia dell'uomo e lui convenne con me su questa mia osservazione». Lei incontrò Gorbaciov, ancora da imprenditore, proprio nei giorni in cui il segretario del PCUS incontrava il Papa. Si ricorda se, in quella circostanza, serbasse un ricordo, un'emozione particolare? «Sì, sì, mi parlò con molto entusiasmo del suo incontro. Sì, io passai un'intera giornata con Gorbaciov. Lo ricevetti a casa mia, ad Arcore, con la moglie. E fu inviato a me da Bettino Craxi, a cui lui si rivolse chiedendogli di incontrare l'imprenditore di maggior spicco in Italia. Ebbi, perciò, il piacere di ospitare Gorbaciov ad Arcore, a casa mia. Mi fece molte domande, da uomo intelligente qual era, sul mercato, su come si era organizzata la nostra economia, ed io gli detti molte spiegazioni. Le ricordo un particolare curioso, singolare. Verso le 6 (le 18.00, ndr), quando stavamo per accomiatarci nell'atrio di casa, mi prese da parte, mentre sua moglie parlava con mia moglie, e mi chiese: "Ma c'è una cosa che non ho capito: qual è l'istituto, l'ente che fissa i prezzi di vendita dei nuovi prodotti?". Allora io gli dissi : "Caro Presidente, lei si deve fermare ancora qui da me per la cena" ed io gli spiegai che non è un ente che fissa i prezzi, ma che i prezzi vengono fuori dall'incontro, dalla domanda e l'offerta». Proprio Giovanni Paolo II nell'enciclica memorabile «Centesimus Annus», si scagliò contro il comunismo ma anche contro le esasperazioni del capitalismo... «Beh, io sono assolutamente consapevole che il capitalismo ha molti limiti e che deve essere temperato da norme che lo rendano giusto, che siano uguali per tutti e che possono introdurre delle correzioni per quella che è la spinta verso il profitto, da intendersi come unico fine del capitalismo stesso. Però, tra tutti i sistemi che conosciamo, il capitalismo è ancora quello che porta a dei risultati di benessere migliori per tutti e comunque ha in sé la capacità di correggersi». Il Papa polacco è stato grande amico della Repubblica Italiana. Lei, da premier di quegli anni, ancora in carica, come pensa siano cambiati i rapporti tra l'Italia e la Santa Sede, anche grazie a Papa Wojtyla? «Beh, lui è stato dopo 455 anni il primo Papa straniero e questo, credo, abbia contribuito a cambiare i rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato Italiano, perché prima, in una situazione di 30 anni di governi che avevano come perno la Democrazia Cristiana, che era considerata da molti addirittura un partito confessionale. Quindi, gli aspetti religiosi si confondevano con gli altri. L'avvento, al soglio di Pietro, di Papa Wojtyla cambiò questa situazione e ci fu una separazione, da quel momento netta, tra Vaticano, Chiesa Cattolica e Stato Italiano. Questo consentì, poi, di portare avanti la revisione del Concordato, che avvenne poi nell'84, essendo poi Presidente del Consiglio Bettino Craxi, il Concordato sancirono questa separazione e la religione cattolica non fu più la religione di stato. La scuola non ebbe più l'ora di religione obbligatoria, ma l'ora di religione divenne facoltativa. Si stabilì l'8 per mille per il sostegno del clero. Il matrimonio religioso si stabilì producesse gli stessi effetti di legge del matrimonio civile. Non ci fu più bisogno del benestare del Governo Italiano per la nomina dei vescovi in Italia. Ecco, e da allora questo si è sempre mantenuto, e il Vaticano, pur essendo Stato, è diventato uno Stato che non ha nessuna volontà di influenza sullo Stato italiano». Come definirebbe oggi lo stato dei rapporti tra l'Italia e la Santa Sede? «Io credo che mai nella storia ci siano stati questi rapporti, questi rapporti così cordiali e così consapevoli della nostra tradizione cristiana. E negli anni del mio governo, non credo ci sia stata una sola norma approvata dal Parlamento italiano dissonante rispetto ai valori di questa nostra tradizione. Valore della vita. Il valore del matrimonio, il valore della famiglia, il valore dell'individuo. Ecco, nell'ordinamento giuridico italiano, sono valori assolutamente tutelati e sono tutelati secondo l'importanza che, a questi altri valori, viene attribuita dalla nostra religione cattolica».

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