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segue dalla prima di FRANCESCO DAMATO Berlusconi, dal canto suo, si rivela l'opposto di quel succube di Bossi e, più in generale, della Lega rappresentato con particolare insistenza e acrimonia dai suoi ex alleati di centro e di destra Pier F

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Eglipiuttosto ha saputo e sa conservare intatta la propria autonomia, forte non solo del suo temperamento ma anche del largo credito elettorale di cui dispone. L'uno e l'altro gli consentono, quando ne ravvisa l'opportunità o necessità per la rilevanza dei problemi e delle circostanze, di puntare i piedi, di farsi valere e di recuperare il dissenso che può di tanto in tanto incontrare nella guida di quella che è pur sempre una complessa coalizione governativa. Gli è già successo di fare alla fine «ragionare» Bossi e tutto lascia ritenere che gli succederà anche questa volta, come d'altronde ha lasciato capire ieri il capogruppo della Lega alla Camera. Gli avvoltoi dovranno rassegnarsi a prolungare la loro penosissima dieta, per fortuna del Paese. Che di tutto avrebbe bisogno in questo momento fuorché di una crisi e di un altro scioglimento anticipato delle Camere, a soli tre anni di distanza dall'ultimo, provocato dalla dissoluzione della fantomatica «Unione» guidata da Romano Prodi. Per le circostanze in cui nacque, mentre si decomponevano gli equilibri politici e sociali della cosiddetta Prima Repubblica, e si è poi sviluppata e consolidata elettoralmente, la Lega è di certo un partito in qualche modo anomalo. È un partito insieme di lotta e di governo. Che Berlusconi ha avuto l'abilità e il merito di sottrarre alle originarie pulsioni secessionistiche avviando concretamente, non a parole, l'evoluzione federalistica dello Stato unitario nato 150 anni fa. La combinazione leghista di lotta e di governo può risultare ostica alla parte, diciamo così, più tradizionalista o conservatrice della cultura e dell'elettorato, come ben sappiamo qui a Il Tempo. Il cui direttore Mario Sechi è spesso e volentieri chiamato un po' a raccogliere e un po' a contenere le preoccupazioni o le proteste dei lettori per le estemporanee iniziative di esponenti anche autorevoli del Carroccio. Ma gli ultimi a potersi impancare a giudici in questa materia sono certi sapientoni di sinistra transitati, con la loro prosopopea, dal Pci al Pd attraverso le varie sigle seguite al miserevole crollo del comunismo. Il primo partito dichiaratamente, anzi orgogliosamente di lotta e di governo nella storia della nostra Repubblica è stato il Pci del non dimenticato e da molti ancora rimpianto Enrico Berlinguer. Al quale bastò, nella ormai storica rappresentazione di una vignetta di Giorgio Forattini su La Repubblica, sentire sfilare in vestaglia sotto le finestre di casa un corteo di protesta di metalmeccanici per rimettere in discussione il ritorno nella maggioranza appena conseguito appoggiando esternamente nel 1976 un governo monocolore democristiano guidato da Giulio Andreotti. Non è che Bersani sia di una pasta molto diversa dal suo antico maestro.

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