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L'unico sostituto del Cav è Tremonti

Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi

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Siamo stati tra i pochi che sin dall'inizio di questa legislatura non hanno condiviso la politica economica del governo e quindi di Giulio Tremonti. Le ragioni sono molteplici ma una su tutte campeggia e cioè quella della bassa crescita che non può risanare i conti pubblici, precarizza il lavoro e accentua le disuguaglianze. Oggi la migliore consapevolezza delle nostre ragioni da parte di Tremonti lo sta spingendo ad accentuare misure che possono favorire una sostanziale ripresa economica. Detto questo, però, una cosa non possiamo non riconoscere a Giulio Tremonti e cioè il suo prestigio internazionale che ne fa un interlocutore autorevole sulle grandi questioni finanziarie in sede europea. Un prestigio, purtroppo, che non si estende al governo nel suo insieme e meno che meno agli altri ministri, compreso il ministro degli esteri. Ciò che è accaduto alcune settimane fa allorquando la preparazione della riunione tra i capi di stato di governo dell'Unione europea sulla Libia vide esclusa l'Italia dalla conference-call tra Usa, Francia e Inghilterra lo testimonia drammaticamente. Una decisione, quella, senza precedenti nella storia europea del secondo dopoguerra e che dimostra quale considerazione hanno del nostro Paese le cancellerie europee e, tra queste, i nostri maggiori alleati di sempre.  E che l'Italia sia precipitata ad un livello decisamente inferiore rispetto a quello che ha avuto negli ultimi 60 anni lo riprova l'assenza di reazione del nostro ministro degli esteri che in quell'occasione si consolò dichiarando che nella conference-call da cui eravamo rimasti esclusi nulla era stato deciso. Ma ciò che più sconcertò fu l'imbarazzato silenzio di Silvio Berlusconi. Ebbene, se si fosse trattato di discutere della crisi finanziaria internazionale e delle misure da adottare per contrastarla, l'Italia con Tremonti non sarebbe stata esclusa dai lavori preparatori. Questa differenza di comportamento nei riguardi di Berlusconi e di Tremonti da parte delle maggiori democrazie occidentali costituisce una grande questione politica che deve farci riflettere. Molti ministri e quasi tutti i grandi giornali confermano da tempo che il vero capo del governo è Giulio Tremonti senza il cui parere non c'è foglia che si muova. Molti lo dicono stizziti, altri con preoccupazione ma tutti dicono la verità. Inoltre le "pericolose familiarità " tra Berlusconi e Gheddafi e quelle con Putin e Lukaschenko vanno ben oltre i rapporti di Stato o così vengono percepiti dai nostri alleati che anche per questi motivi collocano l'Italia fuori dal cuore pulsante delle alleanze occidentali. Da queste familiarità Tremonti si è sempre tenuto fuori, accentuando, anzi, il rapporto con Francia, Germania e Inghilterra. Ultima considerazione di questo nostro ragionamento è la drammatica messa in berlina su tutti i media internazionali di Silvio Berlusconi con tutte le sue goliardiche barzellette e il suo allusivo "bunga-bunga". Ed allora se questi sono i fatti e non le opinioni non sarebbe lungimirante per la maggioranza parlamentare vedere un governo guidato da Tremonti per il periodo necessario a Berlusconi per difendersi dalle inutile accuse e per riorganizzare un partito che rischia di frantumarsi in mille pezzi? Il prestigio internazionale è un elemento costitutivo della forza di un governo ed è fondamentale per uno dei 7 Paesi più industrializzati del mondo come il nostro. L'Italia lo ha perduto e può forse recuperarlo solo con Tremonti che tra l'altro, ne siamo convinti, saprebbe anche giocare la carta di un allargamento di una maggioranza parlamentare oggi più che mai risicata e raffazzonata. Diversamente continueremo ad avere un capo di governo occulto ed uno formale che viene ogni giorno attaccato, bistrattato e deriso sul piano internazionale con danni notevoli al nostro Paese. Molte volte la politica impone coraggio e sacrificio e la stagione che viviamo è una di quelle.  

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