Il contrordine sul nucleare fa male alle ziende e all'Italia
Contrordine compagni! Per anni abbiamo riso dei comunisti duri e puri, fedeli ai dettami del partito, che obbedivano ciecamente agli ordini dei capi salvo poi, quando arrivava il contrordine che indicava un atteggiamento opposto al precedente, acriticamente lo accettavano uniformandosi come se niente fosse perché il partito aveva sempre ragione. Oggi è accaduto questo a proposito del nucleare abolito senza una vera giustificazione scientifica o tecnica. Tutto nasce, o almeno questa sarebbe la motivazione ufficiale, dal dramma di Fukushima che ha giustamente fatto riflettere sulla scelta nucleare ma che, come al solito, è stato affrontato con l'attenzione all'emotività degli elettori e non in una visione di lungo termine a vantaggio del sistema paese. La scelta di abbandonare la filiera motivata dalla necessità di attendere una posizione ufficiale dell'Europa a riguardo della sicurezza dei reattori ignora alcuni aspetti essenziali del problema: Fukushima riguarda una tecnologia vecchia che, peraltro, ha tenuto al terremoto e che è venuta meno solo a causa dello tsunami e delle scelte improvvide di tenere pompe e generatori al suolo a ridosso del muro di contenimento delle acque. I tecnici giapponesi ci hanno appena informato che nel giro di sei mesi i reattori danneggiati saranno completamente sotto controllo ed inertizzati bloccando le fughe radioattive. La tecnologia dei reattori da istallare in Italia è di terza generazione, molto più avanzata e sicura; non c'è alcun contatto tra l'acqua presente nel nocciolo e quella usata per produrre elettricità. Chiudendo definitivamente la filiera nucleare non affranchiamo il paese da eventuali rischi perché siamo circondati dalle centrali francesi, svizzere e slovene, e ogni eventuale radiazione non si arresta alle frontiere come avviene oggi con gli immigrati. Al contrario, possediamo capacità tecniche e professionali tali da garantire margini di sicurezza elevatissimi e, soprattutto, una sostanziale indipendenza energetica del paese rispetto alle fonti tradizionali che, ricordiamolo sempre, sono tutte inquinanti perché emettono costantemente veleni in atmosfera. Degli eventuali problemi economici che il Paese e le sue industrie dovranno affrontare per la cancellazione del programma nucleare non vale nemmeno la pena parlarne, sappiamo già che a pagare saranno i cittadini con un incremento dei costi delle bollette energetiche, come già accade per ripagare Enel dei costi della chiusura di Caorso e Montalto di Castro. Pantalone c'è abituato e non si lamenta più di tanto. Il vero problema sarà la continuazione delle condizioni oggettive di inferiorità nelle quali permarranno, oggi già ci stanno, le nostre industrie costrette a competere a livello globale con le ali piombate dal costo della bolletta energetica superiore dal 30 al 50 per cento di quella dei loro omologhi stranieri. Ci sarà il rilancio delle rinnovabili e lo sviluppo della green economy? Belle parole e di sicuro effetto mediatico: ho i miei dubbi sulla realizzabilità di questo nuovo modello di sviluppo a tempi brevi. Basterebbe vedere cosa accade realmente quando sono presentati progetti di produzione energetica da fonti rinnovabili in giro per l'Italia; i veti incrociati tra amministrazioni locali e centrali sono molteplici perché nessuno si priva del piacere di utilizzare il suo diritto di veto, non fosse altro che per dimostrare che esiste e che conta: ne sanno qualcosa al Ministero dell'Ambiente che potrà raccontarci delle battaglie necesssarie a fare approvare progetti imporrtanti di interesse strategico per il paese. Di energia l'Italia ne ha bisogno subito ma questo nuovo modello di sviluppo, diffuso sul territorio, avrà bisogno di anni per essere interiorizzato ed accettato dalle amministrazioni competenti; non illudiamoci che tutto avvenga in un baleno. Peraltro le premesse non sono apparse confortanti visto il blocco degli aiuti al fotovoltaico sancito solo poche settimane fa. Avremo anche qui un «contrordine compagni»? Riuscirà il governo a calibrare il sostegno in maniera da renderlo efficace e non oggetto di operazioni clientelari e poco trasparenti come è spesso accaduto nel passato e come lo stesso Ministro Tremonti ha denunciato in alcune sue uscite pubbliche? Staremo a vedere; magari dopo le amministrative, se andranno bene e se sarà disinnescata la mina dei referendum, si potrà vedere il futuro più chiaro. Ci aspetteremmo però che si arrivi rapidamente ad un Piano Energetico Nazionale serio e credibile, e che, soprattutto, una volta definito e magari condiviso anche dall'opposizione, a questo ci si attenga. Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico e a rimetterci cìè sempre il Paese, cioè noi e le generazioni future.