Ha vinto la realpolitik

La politica estera è dura e spietata. Più volte ho ricordato che ogni tentativo di dilazionare un nostro impegno più intenso nella campagna aerea in Libia si sarebbe scontrato con la realtà degli affari internazionali. Ieri sera Silvio Berlusconi ha certificato il primato delle cose sulla volontà degli uomini e la politica interna. Il via libera del presidente del Consiglio ai bombardamenti di obiettivi mirati dimostra che i margini di disimpegno per noi si sono esauriti. È una partita in cui gli italiani non possono stare a guardare. Sono in gioco interessi geostrategici ed economici enormi: 1. la supremazia nell’area del Mediterraneo; 2. la partita dei pozzi petroliferi presenti e futuri; 3. un presidio concreto di sorveglianza e sicurezza sul Nord Africa; 4. un mercato dei consumi che coinvolge i bisogni e le aspettative di oltre 200 milioni di persone. Mi fermo a questi primi quattro punti, sufficienti per comprendere come la mossa di Berlusconi alla vigilia dell’incontro con il presidente francese Nicolas Sarkozy sia quella giusta. Presentarsi al vertice con il sì a Barack Obama e al piano per preparare un regime change a Tripoli è una dimostrazione di realpolitik. Quella che in questo momento sembra mancare alla Lega e ai suoi colonnelli. Vedremo quale sarà la decisione finale del Carroccio. In Libia esistono concretissimi interessi delle aziende italiane e soprattutto di un campione come l’Eni che ha tutto il diritto di non veder vanificata la sua strategia di espansione globale che in Africa la vede impegnata in Algeria, Angola, Camerun, Congo, Costa d’Avorio, Egitto, Gabon, Guinea Equatoriale, Libia, Mali, Marocco, Mozambico, Nigeria e Tunisia. Il mondo non si ferma a Varese.