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E' la città di Roma, non dei Rom

Gianni Alemanno

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È un Alemanno in versione Sarkò, che mostra i muscoli e tira dritto per dare un taglio definitivo al problema nomadi nella Città Eterna. Le dure critiche di Sant'Egidio non sembrano scalfirlo. «La città è al limite della sopportazione», dice. E allora non resta che fare ancora appello al Governo e all'Unione Europea per fermare l'esodo di disperati e non verso Roma. «Bisogna rivedere gli accordi di Schengen. La possibilità di risiedere stabilmente in un altro paese deve essere limitata a chi ha un lavoro. Ma servono verifiche puntuali. Altrimenti si rischia un progressivo e drammatico esodo dalle zone più povere dell'Ue a quelle più ricche. Ciò provocherebbe un disastro umanitario». Quindi, come sindaco della Capitale ed esponente del Pdl, è favorevole alla linea dura del presidente francese Sarkozy? «Bisogna evitare sia buonismi che cattivismi. La faccia troppo dura della Lega, e talvolta di Sarkozy, o il buon cuore di Veltroni sono sbagliati. Serve solidarietà e realismo».  Nei 3 anni del suo mandato il Governo è stato "buono" o "cattivo" con Roma? Le ha dato una mano in materia di sicurezza? «Ci sono stati passaggi importanti. Penso alla legge che ha permesso ai sindaci di fare ordinanze, all'arrivo dei militari per presidiare punti fissi. Ciò ha determinato una diminuzione dei reati. Però ora il Governo deve fare l'ultimo miglio, approvando leggi che ci consentano di governare al meglio il territorio. Mi riferisco a nuove norme per l'effettiva espulsione dei comunitari, per vietare la prostituzione in strada. Le ordinanze da sole non bastano, la Corte Costituzionale è stata chiara. E poi serve una norma penale che vieti di accamparsi in baracche prive di requisiti igienici-sanitari». Quanto hanno influito i contrasti interni al partito nella sua politica sulla sicurezza? «Non hanno influito. Il nostro impegno è stato preso in campagna elettorale. Ho faticato molto per trovare la soluzione giusta, abbiamo valutato molte ipotesi, tra cui le tendopoli, poi bocciate perché le aree scelte si trovavano in zone troppo popolate. Ma adesso possiamo procedere spediti. A giugno sarà aperto un nuovo campo regolare. Servirà per sgomberarne 20 tollerati, dove vivono cittadini in Italia da 20 o 30 anni, che vanno ricollocati. I nuovi campi sono per loro. Possono essere destinati ai nuovi arrivati solo in minima parte. Questo flusso continuo va contrastato con fermezza». La protesta dei nomadi ha varcato la soglia della Basilica di San Paolo. Chiedono accoglienza. Come andrà a finire? «Roma ha già messo in campo tutti i livelli di accoglienza possibile, ma non può sopportare altri immigrati. La Capitale non può diventare una gigantesca baraccopoli. Inoltre i servizi sociali rischiano il collasso». A proposito di accoglienza. Per Sant'Egidio Roma non è più la città accogliente che era una volta... «Rispetto Sant'Egidio ma su questo tema commette un errore. Vorrebbero applicare il principio secondo cui chiunque viene a Roma ha diritto a un alloggio. Se passasse questo messaggio arriverebbero in migliaia. Sono convinto, inoltre, che nella speranza di realizzare gli alloggi si rischierebbe di lasciare ancora più persone nelle case di plastica con il rischio che si verifichino ancora tragedie come Tor Fiscale. E poi c'è un altro fattore da non dimenticare. La maggior parte di loro non sono qui perché sono disperati, ma per avere un'ulteriore fonte di reddito. Molti hanno casa in Romania, ma preferiscono abitare in una città che ritengono ricca. Questa gente inoltre va nelle baracche per non pagare affitto e massimizzare così i guadagni. In tutta Europa deve passare il messaggio che può restare solo chi ha un lavoro legale e un luogo dignitoso dove vivere». In campagna elettorale disse che avrebbe espulso 20mila persone. Con che cosa si è dovuto confrontare? «Parlavo di tutti gli stranieri che a Roma commettono reati, siano essi immigrati, nomadi o extracomunitari. Questo è ancora il nostro obiettivo e dal giorno del mio insediamento i risultati si sono visti: sono stati espulsi molti extracomunitari e allontanati molti neocomunitari. Da un anno chiedo a Maroni e al sottosegretario Mantovano una legge per espellere i comunitari che non hanno un sussidio o un posto dove stare». A ottobre fermò gli sgomberi forzati. Sarebbero ripartiti solo dopo aver trovato aree dove costruire nuovi campi attrezzati. A che punto siamo con il recupero delle aree? E cosa l'ha convinta a far ripartire gli sgomberi? «L'aver ottenuto dal prefetto l'autorizzazione ad occupare 200 posti nel Cara di Castelnuovo di Porto dove poter trasferire donne, bambini e soggetti fragili. Una spinta è stata data anche dalla morte dei quattro bambini nel rogo sull'Appia». Bastano 200 posti a giustificare i nuovi sgomberi? «Il problema non è questo, tanto che il Cara è ancora vuoto: nessuno accetta l'accoglienza. Se la offrissimo a famiglie intere accadrebbe ciò che è successo al centro di via Salaria, che si è subito riempito. Altri si sono accampati lì vicino per godere dell'assistenza. Addirittura quando abbiamo parlato di tendopoli, nomadi di Milano volevano prenotare un posto. Non possiamo offrire assistenza a tutti. Gli adulti se ne devono andare». Lei ha offerto 500 euro (più altri 500 il Vaticano) a ogni nucleo familiare nomade che voglia rimpatriare. Si è fatto due conti? «Voglio subito precisare che questi soldi vengono consegnati in Romania, quando si scende dai pullmann, in modo che non sia possibile prendere i soldi e rimanere in Italia». Ma quanto costa la loro presenza in città? «I centri di assistenza spendono dai 15 ai 25 euro al giorno a persona. Nei campi attrezzati 8 euro. Quindi basta farsi due calcoli...». Quanto costerebbe offrire accoglienza a tutti? «A Roma ci sono circa 10mila persone in assistenza, tra nomadi, rifugiati politici e richiedenti asilo. Non basterebbero 100mila euro al giorno».

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